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I giudici vogliono Salvini in galera per Open Arms «Fu un sequestro, non atto politico»

Nella richiesta di autorizzazione a procedere il Tribunale dei ministri dà tutte le colpe al leghista ed elogia l'operato di Conte sulla base delle mail Archiviato il prefetto Piantedosi

I giudici vogliono Salvini in galera per Open Arms «Fu un sequestro, non atto politico»

Centododici pagine più gli allegati. È l'atto d'accusa contro Matteo Salvini inviato dalla magistratura di Palermo al Senato per il capitolo Open Arms. Rispetto alle analoghe vicende della Diciotti e della Gregoretti c'è una differenza: la procura di Palermo aveva chiesto di non archiviare la posizione dell'ex ministro, come invece era successo a Catania, e il Tribunale dei ministri sposa questa tesi assemblando un impianto pesantissimo. Pesantissimo. Palermo contesta il sequestro di persona, due volte aggravato perché commesso da pubblico ufficiale e perché anche in danno di minori, e il rifiuto di atti d'ufficio. Cade invece il terzo reato, l'abuso d'ufficio, e va in archivio il prefetto Matteo Piantedosi, spalla di Salvini nella burrascosa gestione della crisi innescata, fra Malta e Italia, dall'arrivo della nave battente bandiera spagnola.

Atto amministrativo e non politico

La chiave del ragionamento è a pagina 10 della richiesta di autorizzazione a procedere; qui i giudici rompono gli indugi e danno la loro lettura di tutta la storia e del braccio di ferro sul destino dei 164 profughi raccolti a bordo, in tre diversi momenti, nell'agosto del 2019. Salvini «rivendica» il suo comportamento, come riconoscono gli stessi magistrati, ma non per questo la sua azione può essere coperta dall'insindacabilità che tutela la sfera politica, come ad esempio avevano sottolineato i pm di Catania per la Diciotti. «La condotta - scrive il collegio - risulta commessa nell'esercizio delle funzioni e dei poteri del ministro dell'Interno; essa inoltre risulta espressione dell'attività amministrativa rimessa a quell'autorità, e non invece di quella di indirizzo politico e di attuazione generale dell'azione amministrativa del governo che, nella fattispecie, fa da sfondo alla vicenda». Il nodo è tutto qui: Salvini ha cercato un vantaggio personale o si è esposto per un superiore interesse dello Stato? È questa la questione su cui è chiamato a pronunciarsi il Senato, prima in Giunta e poi in aula. Ma pare obiettivamente difficile non considerare quello della magistratura uno sconfinamento nella discrezionalità e nella complessità della politica. E l'immunità ministeriale è assai diversa da quella dei parlamentari, con cui spesso viene confusa

Nessun rischio sicurezza o terrorismo

«Non risultano utilmente invocabili - notano i giudici - generiche e non comprovate ragioni di tutela della sicurezza pubblica». Di più: «Nonostante gli accessi a bordo di autorià italiane, nessuna di esse ha mai evidenziato alcun indizio di peculiari e concrete condizioni oggettive (come ad esempio la presenza di esplosivi o armi ad alta potenzialità offensiva) o soggettive di pericolo conseguente allo sbarco sul territorio italiano delle persone a bordo». Dunque, per i magistrati non c'era alcun elemento che potesse giustificare la mancata concessione del Pos, il porto sicuro, e il divieto di far scendere i migranti, sempre più provati. Per i giudici ci fu invece una compressione inaccettabile dei diritti inviolabili dei profughi, costretti per giorni ad attendere una soluzione arrivata infine solo il 20 agosto, con il sequestro della Open Arms da parte della procura di Agrigento. I migranti, rimarca il tribunale dei ministri, erano «in uno stato di grande disagio, fisico e psichico, di profonda prostrazione psicologica e di altissima tensione emozionale che avrebbe potuto provocare reazioni difficilmente controllabili delle quali, peraltro, i diversi tentativi di raggiungere a nuoto l'isola ( Lampedusa, ndr) costituivano solo un preludio». Il blocco della Open Arms si trasformò dunque in un sequestro in piena regola, calpestando le Convenzioni internazionali, la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, la nostra Costituzione e il codice.

Permanenza a bordo lesiva della salute dei migranti

Non solo: «Il prolungamento della permanenza a bordo si poneva come ulteriormente lesiva della salute di tutte le persone, compresi i membri dell'equipaggio che si trovavano a gestire una situazione complicata e segnata da un aggravarsi dei motivi di tensione che metteva a dura prova la loro salute psicofisica, oltre a rappresentare un concreto pericolo per la sicurezza». È insomma un quadro drammatico e insostenibile quello ricostruito dai magistrati, avvalendosi anche di alcune testimonianze.

Lo scambio di lettere fra Salvini e Conte

Fra gli allegati anche le lettere scambiate fra Salvini e Conte, mentre il governo gialloverde sta franando nella crisi di mezza estate. Il premier chiede la tutela dei 27 minori recuperati dalla nave, Salvini resiste, poi cede e il 18 li fa scendere, due giorni prima dell'epilogo. Il dissidio fra i due dovrebbe accentuare le responsabilità, anzi le colpe di Salvini, isolato nell'esecutivo ormai in decomposizione. Ma il premier, pur senza voler entrare in sofisticate questioni di diritto costituzionale, è pur sempre il primus inter pares e, insomma, il capo del governo. Governo che aveva varato gli ormai famigerati decreti sicurezza, neutralizzati in quelle ore drammatiche da una pronuncia del Tar.

Salvini rischia fino a 12 anni

La materia è assai complessa e contorta e questo rende ancora più opinabile la mossa dei giudici che entrano nelle dinamiche dell'esecutivo.

Per il sequestro di persona, Salvini rischia sulla carta fino a 12 anni di carcere.

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