Roma «No, non mi riprendete il viso, per favore». Pamela ha l'aria di chi non ha avuto una vita semplice, e ha passato una notte anche peggiore. L'occhio destro è nero, il labbro spaccato, poco sopra il polso destro ha un taglio e un grosso livido, un altro taglietto sul collo e graffi ed ecchimosi su braccia e gambe.
«Me la sono vista brutta, ma quando ho visto i miei due figli in lacrime non ci ho visto più, io sono andato addosso a quello che ha causato tutto questo, ho capito che era lui perché appena mi ha visto ha cominciato a scappare, e solo dopo, ero già al cancello, mi sono resa conto degli altri... ho agito d'istinto, lì per lì non ci pensi, chi ha figli non può non capirmi», spiega davanti al Carrefour del Tiburtino III, a poche centinaia di metri dal centro di accoglienza dove sostiene di essere stata sequestrata.
«Mi hanno tenuta lì quasi un'ora, nemmeno lo so che volevano da me, so che ero spaventata, ho gridato, e meno male che m'hanno sentita e sono riusciti a tirarmi fuori. Poi quelli però volevano riportarmi dentro, erano tanti, tantissimi, credo almeno una cinquantina, mi hanno buttata per terra e trascinata sull'asfalto, guarda qui», spiega, alzandosi la canottiera sulla schiena e mostrando una larga abrasione. «Secondo me m'hanno trascinata per almeno 500 metri, ero riuscita a scappare e quelli lì mi volevano riportare nel centro. Poi il gruppo di residenti mi ha salvato».
Pamela sospira: «Quello accoltellato? Ma che ne so io.
Non ho visto niente, volevo andargli addosso quando sono arrivata, poi è andata come ho detto, e mi sono ritrovata con questo, questo e questo», spiega indicandosi le ferite. «Adesso però scusate, io ho bisogno di riposare».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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