I profughi della salute in fuga dal Meridione Business da 5 miliardi

Lo Stato spende 4,6 miliardi per le cure fuori sede. Per le famiglie costi per 180 milioni

I profughi della salute in fuga dal Meridione Business da 5 miliardi

Migranti della salute. Sono migliaia i pazienti che ogni anno in cerca di cure più efficaci si spostano da una regione all'altra. Nella stragrande maggioranza dei casi dal sud al nord. Spostamenti spesso inevitabili perché l'area nella quale abitano non offre strutture adeguate e specialisti preparati per quella specifica patologia. E così i costi lievitano per tutti. Per il servizio sanitario nazionale, per le regioni e pure per i cittadini che diventano «profughi della salute» perché costretti ad abbandonare la propria casa e in alcuni casi il proprio lavoro per seguire un figlio, un marito, un genitore malato e bisognoso di assistenza. Il giro «d'affari» pubblico complessivo viene calcolato in circa 4,6 miliardi di euro e si tratta di un fenomeno in crescita: se nel 2015 i ricoveri fuori regione residenza erano 750.000 (Censis) è stato calcolato da Quotidiano Sanità sulla base delle Sdo (schede dimissione ospedaliera) che nel 2016 siano saliti a circa 930.000. Le migrazioni riguardano soprattutto le regioni del sud, in debito, verso quelle del nord in credito. La Regione più attrattiva è la Lombardia che deve incassare oltre 800 milioni; poi l'Emilia, 358; infine il Veneto,161. In debito Calabria, meno 319 milioni; Campania, 302; Lazio, 289. Nel Lazio però fanno eccezione alcune strutture. L'Ospedale pediatrico Bambin Gesù rappresenta un punto di riferimento per il centrosud e assorbe il 25 per cento di tutti i ricoveri di minori in trasferta, circa 70.000. Su 18.000 ricoveri ben 15.000 provengono da regioni del sud. Ma l'ospedale pediatrico romano non è l'unica struttura a rappresentare un polo di attrazione per gli esodi ospedalieri. In una ipotetica classifica delle migrazioni troviamo sempre nel Lazio anche il Policlinico Gemelli e l'Umberto I. In Lombardia spiccano l'Istituto nazionale dei Tumori e il San Raffaele entrambi a Milano. Poi il Careggi di Firenze, il Gaslini a Genova, gli Spedali Riuniti di Siena, il Sant'Orsola Malpighi di Bologna, l'Azienda Ospedaliera di Padova e quella di Pisa. Tutti al nord. L'unica regione in attivo al sud infatti è il Molise con un saldo positivo tra uscite ed entrate di 16 milioni di euro mentre anche Sicilia, meno 239 milioni, e Puglia, 181, registrano un saldo negativo. La migrazione sanitaria rappresenta per le famiglie coinvolte un costo enorme. Il Censis ha calcolato che circa 90.000 nuclei familiari all'anno fanno i conti con la necessità di spostarsi per curare un familiare, spesso un minore. E sono ancora pochissime le strutture in grado di offrire ospitalità agli accompagnatori dei pazienti come ad esempio il Bambin Gesù che ha messo in piedi negli anni una rete di case di accoglienza dove i familiari vengono accolti gratuitamente. I pazienti ed i loro accompagnatori devono quindi affrontare le spese del viaggio e dell'alloggio, quest'ultimo riguarda anche il paziente nel caso di un day hospital. A queste spese va aggiunto il costo dell'assenza dal lavoro. La spesa media per il vitto e l'alloggio segnalata varia dai 100 ai 500 euro per i ricoveri più brevi ma circa il 20 per cento dei migranti deve affrontare ricoveri che vanno anche oltre i 15 giorni. La maggioranza dei malati, l'85 per cento, ha almeno un accompagnatore. Sempre il Censis ha stimato che siano almeno 180.000 le persone che ogni anno devono passare lunghi periodi fuori casa per assistere un parente senza aver alcun sostegno per costi di vitto e alloggio. Costi che dunque pesano per milioni di euro sulle famiglie. Se si ipotizzano circa 1.000 euro si arriva a 180 milioni.

Un caso a parte poi va fatto per i pazienti oncologici la cui media di migrazione è doppia rispetto alle altre patologia. Alle spese mediche che annualmente costano alle famiglie circa 7/8000 euro in media si aggiungono circa 1.700 euro all'anno per vitto, alloggio e spostamenti.

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