I sindacati tifano per l'inciucio Gli industriali del Nord: "Voto"

Cgil-Cisl-Uil: «Al Paese occorre un governo adesso» Si apre la frattura con Confindustria e commercianti

I sindacati tifano per l'inciucio Gli industriali del Nord: "Voto"

La crisi di governo spacca le parti sociali. Una frattura che non si registrava dai tempi del Jobs Act e che segna uno stop alla progressiva distensione delle relazioni industriali, notevolmente migliorate dopo la stipula del Patto per la Fabbrica. Ieri, infatti, Cgil, Cisl e Uil hanno pubblicato un comunicato congiunto nel quale si chiede alle forze politiche di porre al centro «gli interessi generali del Paese e del mondo del lavoro e non l'interesse particolare di breve respiro, assicurando in tempi utili un'indispensabile forma di governo».

Un gesto nobile dietro il quale si cela, sotto mentite spoglie, la contromanovra del sindacato fatta di più spesa pubblica sostenuta da un aumento del prelievo sui redditi alti (la nota, però, non parla di patrimoniale) e dalla lotta all'evasione, cioè dalla polizia fiscale. Secondo le organizzazioni guidate da Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo, alcune problematiche richiedono le «risposte immediate di un governo nel pieno delle sue funzioni e non possono più aspettare le alchimie della politica». L'elenco è lungo e comprende: i 159 tavoli di crisi aperti al ministero dello Sviluppo con oltre 200mila lavoratori coinvolti, i problemi della scuola e della sanità pubblica, «il divario crescente tra Nord e Sud» e «la paralisi dei cantieri» per le necessarie infrastrutture materiali e sociali, sottolineano i sindacati. Nel lungo comunicato traspare l'interesse delle organizzazioni per il rinnovo dei contratti pubblici, in particolare nel comparto sanità (un conto di almeno un paio di miliardi nella prossima manovra) e per una riforma fiscale e previdenziale che agevoli redditi bassi e uscite anticipate.

L'opposto di quello che stanno chiedendo gli imprenditori citati ieri da Salvini in senato, esponenti di quel partito del Nord che non ne vuole sapere dei giochetti della vecchia politica. Il presidente di Confindustria Lombardia, Marco Bonometti, aveva detto che «bisogna tornare alle urne, farlo al più presto possibile». E così pure il presidente di Confapi, Maurizio Casasco: «Abbiamo bisogno di certezze e di misure coraggiose. Meglio andare subito alle elezioni». Stesse valutazioni da Leopoldo Destro, presidente di Assindustria Veneto Centro, («Voto subito, lo stallo non serve»), Giovanna Ferrara, presidente di Unimpresa («Meglio il voto rispetto ad accordicchi improduttivi») e Paolo Agnelli, presidente di Confimi Industria («Se vogliamo uscire da questa crisi, subito alle elezioni»).

Il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, pur appellandosi alla responsabilità, non ha indicato una preferenza, ma ha fissato due priorità: stop alle clausole e taglio del cuneo. Idem il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, che ha denunciato l'effetto recessivo dell'incremento delle aliquote Iva. Ieri il presidente di Confesercenti, Patrizia De Luise, ha evidenziare la «necessità di un governo credibile sui mercati ed autorevole con la Ue: un esecutivo di emergenza non serve».

Una sintesi efficace è stata effettuata dal presidente di Confindustria Veneto, Matteo Zoppas: «Qualsiasi soluzione non può prescindere dall'equazione: più impresa più economia più occupazione». Valutazioni agli antipodi delle tesi sindacali.

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