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I tagli alle tasse? Un sogno. Già in arrivo nuove stangate

"Dopo anni per la prima volta meno tasse", ha detto Renzi. Ma il bilancio è negativo. E nel 2015 è in vista un aumento degli acconti di Ires e Irap

«Dopo anni per la prima volta meno tasse». Lo ha twittato pure ieri il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, promettendo da Courmayeur che anche nel 2015 si farà «sul serio» la riforma fiscale. Vale la pena di concedergli ancora fiducia dopo gli annunci a raffica dell'anno appena trascorso? Su questo argomento la risposta non può che essere negativa. Basta prendere in esame due innovazioni in vigore dal primo gennaio per rendersi conto che la realtà è sempre molto diversa dalla sua descrizione. Il nuovo regime dei minimi per le partite Iva con ricavi (o compensi) fino a 15mila euro per le attività professionali e 40mila euro per il commercio comporterà maggiori esborsi e anche il tanto invocato stop all'aumento delle accise sui carburanti potrebbe essere foriero di stangate.

Cominciamo dalla fine. Il decreto Milleproroghe di fine 2014 ha sterilizzato, fortunatamente, l'incremento dei prezzi di benzina e gasolio. Il gettito atteso dal rincaro previsto dalle clausole di salvaguardia contenute nella legge di Stabilità 2014 era di circa 670 milioni di euro. La copertura? Con i proventi derivanti dalle sanzioni riguardanti la voluntary disclosure , cioè l'autodenuncia dei capitali e degli altri beni detenuti irregolarmente all'estero. Piccolo particolare: il governo al momento dell'emanazione del provvedimento evitò con accortezza di formulare ipotesi su quanti denari sarebbero ritornati dalla Svizzera (Paese preferito per l'espatrio dei liquidi). Va da sé che non si può essere assolutamente certi del successo della misura: un po' perché l'unico sconto che si applica è alle sanzioni e non alle imposte non versate un po' perché lo spauracchio dovrebbe essere quello di incappare da ottobre in poi nel nuovo reato di autoriciclaggio. Secondo una stima di Milano Finanza , nel 2014 ben 100 miliardi di euro si sono spostati dall'Italia verso l'estero (per vie legali). Non è certo una bella premessa.

Se il flop si materializzasse? Pagheranno prima le imprese e poi i cittadini. È previsto, infatti, un ulteriore aumento degli acconti Ires e Irap. Attualmente l'asticella è fissata rispettivamente al 102,5% e al 101,5 per cento. Non è un errore: l'acconto - singolarità tutta italiana - si paga su un'imposta superiore a quella effettiva. Toccherà al ministero dell'Economia, con un decreto, assestare il colpo se la voluntary disclosure non desse i risultati sperati. In seconda battuta, dal 2016 arriveranno i rincari di tutte le accise finora posti in stand by : tabacchi, alcool e carburanti. Pessimo scenario, soprattutto se si considera che il fabbisogno di 76,8 miliardi del 2014 (80,3 miliardi nel 2013) è stato salutato con enfasi da Via XX Settembre. Lo Stato, infatti, continua a spendere più di quello che incassa, solo che lo sbilancio è in diminuzione.

Ci si ritrova, così, dinanzi a una serie di paradossi dei quali il nuovo regime di «minimi» è l'emblema. Si tratta del forfait per giovani professionisti a partita Iva: l'aliquota è più bassa (ancorché sia stata alzata al 15 dal 5%) ma si rinuncia a tutte le agevolazioni. Un'elaborazione della Fondazione Hume ha evidenziato che per una partita Iva da 15mila euro di ricavi annui l'imposta sostitutiva nel 2015 salirà a 811 euro dai 450 del 2014 (+80,2%), mentre per un commerciante con introiti per 25mila euro si passerà da 520 a 700 euro (+34,6%). Senza contare il peso dei contributi previdenziali, ormai molto vicini al 30% e che servono più all'Inps (o alle casse professionali) per garantire le pensioni in essere che a costruire quelle degli attuali lavoratori. Non c'è da meravigliarsi, perciò, se quest'anno la pressione fiscale dovrebbe aumentare al 43,4% dal 43,3 stimato per l'anno scorso.

Per peggiorare c'è ancora tempo.

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