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I troppi rebus della scuola post Covid. La Azzolina avverte i prof "finti fragili"

Lunedì prossimo si dovrebbe tornare in classe, ma è caos su tutto: banchi, mascherine, cattedre scoperte e docenti furbetti

I troppi rebus della scuola post Covid. La Azzolina avverte i prof "finti fragili"

Una cosa è certa: la campagna elettorale prossima ventura si sta giocando anche sul fronte scolastico. Lo spauracchio (purtroppo tutt'altro che remoto) del «Covid in classe», con ciò che comporta in termini di apprensione sociale, è un tema troppo «ghiotto» per essere tenuto fuori dalla canea politica aizzata per interessi di bottega. Se a ciò aggiungiamo che la guida del dicastero dell'Istruzione fa capo a una figura assolutamente priva di preparazione e autorevolezza, il quadro del disastro è completo.

La povera Azzolina, come giustamente evidenziato dal comico Maurizio Crozza nella sua nuova parodia della ministra pentastellata, era stata messa sulla poltrona di Viale Trastevere per «tagliare qualche nastro» o, al massimo, «riformare la Maturità». La solita minestra. Invece, è scoppiata la bomba Coronavirus. Roba che avrebbe incenerito perfino Benedetto Croce, figuriamoci la Azzolina. Ovviamente la ministra, amante del rossetto carminio, non è la sola colpevole di gestire un'emergenza più grossa di lei (ma pure di chiunque altro si trovasse al suo posto), tuttavia la sequela di decisioni sbagliate di cui si è resa protagonista è veramente imbarazzante. Tanto che ancora oggi, a una settimana dall'ipotetico ritorno a scuola «in presenza», ancora non si sa se le mascherine dovranno essere indossate solo quando ci si alzerà dal banco oppure in modalità full time. A proposito di banchi: innumerevoli i ritardi nelle consegne, cosicché un preside napoletano ha pensato bene di armarsi di sega tagliando quelli «duplex» risalenti all'antica dotazione pre-Covid e trasformandoli in banchi «singoli» post-contagio in grado di garantire il distanziamento sociale. Sembra una barzelletta sull'arte di arrangiarsi, ma è tutto vero. Peccato non ci sia nulla da ridere, visto che in almeno due classi su tre gli studenti rischieranno di trovarsi lunedì prossimo non solo privi dei banchi anti-infezione, ma pure delle famigerate mascherine la cui dotazione giornaliera di 11 milioni di pezzi ben difficilmente sarà garantita. E che dire delle cattedre scoperte? Il Covid ha innescato un fuggi-fuggi generale da parte del corpo docente, creando un deficit nella copertura dei posti di ruolo che non ha precedenti. Giusto due cifre per dare il senso del collasso: delle 85 mila cattedre disponibili ne sono state assegnate meno di un terzo, inoltre la «call veloce» (opportunità per chi avesse voluto spostarsi di regione per diventare di ruolo) si è rivelata un flop clamoroso: il Corriere della Sera, ad esempio, ha calcolato che, a fronte di 15 mila «buchi» da coprire il Lombardia, sono arrivate appena 59 richieste, idem nel Lazio (con 3 richieste per 5 mila «buchi»). Serve aggiungere altro? Meglio tacere. Peccato che la Azzolina non l'abbia fatto, preferendo derubricare questa odissea al rango di «piccola criticità».

Ancora ieri, a Radio 24 (come due giorni fa dal palco della Festa del Fatto Quotidiano) la ministra si è vantata di «aver lavorato per ridurre al minimo il rischio contagio», premurandosi però di sottolineare come «la scuola non è un posto fatato, asettico, dove il rischio è zero». Non è mancata una frecciatina ai prof finti-fragili ma veri-furbetti: «Per rientrare nella categoria dei lavoratori fragili non è sufficiente il dato anagrafico, bisogna dimostrare di avere un quadro clinico a rischio»; e poi: «I docenti non possono rifiutarsi di lavorare da remoto, le linee guida stabiliscono che se la classe è in quarantena la didattica deve continuare».

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