Inchiesta curve, chiesti 104 anni di carcere per gli ultrà

Dieci anni al rossonero Lucci, 9 al capo interista Beretta. La Lega vuole i danni

Inchiesta curve, chiesti 104 anni di carcere per gli ultrà
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Le curve di Milan e Inter agivano come una sorta di «milizia privata» con un capo e una struttura gerarchica. E avevano rapporti più o meno conflittuali, non solo con le altre tifoserie organizzate, con la società calcistica e con le strutture statali deputate alla repressione dei reati, ma anche con le istituzioni. Tanto da sentirsi quasi legittimati da questo. Per questo il pm Paolo Storari, nel processo con rito abbreviato alle curve di San Siro che si sta tenendo nell'aula bunker davanti al carcere di San Vittore, ha chiesto le condanne di 16 ultras delle due tifoserie per 104 anni di carcere complessivi: in particolare 10 per Luca Lucci, capo della curva sud milanista, accusato di essere il mandante del tentato omicidio dell'ultrà Enzo Anghinelli e di associazione per delinquere finalizzata ad aggressioni ed estorsioni, 9 per Andrea Beretta, l'ex capo ultras dell'Inter ora collaboratore di giustizia, in cella per l'omicidio di Antonio Bellocco, leader storico della curva nerazzurra, e 8 per Marco Ferdico, l'uomo dei social arrestato a settembre.

Nella sua requisitoria il pm ha parlato delle «continue interlocuzioni con gli esponenti del tifo organizzato da parte di ambienti istituzionali, anche per la gestione dell'ordine pubblico» e «dell'omertà riscontrata nelle vittime degli esponenti ultras, conseguenza della intimidazione che genera il vincolo associativo». Le due curve avrebbero stipulato un «patto di non belligeranza», quasi fossero una sorta di «organismo statale che delimita i propri confini con altri organismi statali». I sottoposti che non rispettavano le regole che si era data la «milizia» venivano sanzionati dal cosiddetto direttivo con espulsioni, sospensioni e censure, ma erano anche elargiti «premi e privilegi». Le curve avevano «un proprio patrimonio» grazie ai ricavi ottenuti dalla vendita di biglietti, fanzine, merchandising». Per gli ultrà la «legittimazione» serviva a «garantire impunità e l'esigenza di essere rispettati e riconosciuti come legittimi interlocutori da parte della forze di polizia e da altri organismi istituzionali, nonché la garanzia di una sorta di zona franca dove gli altri attori che operano allo stadio Meazza non dovrebbero entrare (significativo che gli steward non vanno mai in curva)».

Da una memoria depositata dal pm emerge che il rapper Emis Killa - indagato per associazione per delinquere in un filone ancora aperto dell'inchiesta - era «inserito a pieno titolo nella curva sud e in quella sorta di cerchio magico riferibile a Lucci». Nel corso delle indagini il cantante si è rivelato «soggetto molto vicino a Lucci».

Con lui ha «collaborato attivamente nella gestione di alcuni dinamiche» e ne è stato «un uomo di fiducia», si legge nella memoria.

La Lega Serie A ha chiesto un risarcimento danni, anche di immagine, per un totale di 475mila euro a carico degli ultras delle curve.

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