Khashoggi, rischia la Davos nel deserto

Usa e Londra pronti a boicottare il summit. Ultimatum: "Serve un'inchiesta credibile"

Khashoggi, rischia la Davos nel deserto

Assassinato nel consolato del suo Paese a Istanbul «per ordine dei più alti livelli della corte reale» di Riad. Serve «un'inchiesta credibile» sul giornalista e blogger Jamal Kashoggi con posizioni critiche verso il principe ereditario Mohammed bin Salman, ora che il mondo diplomatico e politico si sta mobilitando. Lo chiedono Francia, Germania e Regno Unito, per accertare le responsabilità nella scomparsa del giornalista saudita per fare giustizia, perchè a questo punto un colpevole venga a galla. In una nota congiunta, i ministri degli Esteri dei tre Paesi - Yves Le Drian, Heiko Maas e Jeremy Hunt - «incoraggiano gli sforzi congiunti turco-sauditi a questo scopo e si aspettano che il governo saudita fornisca una risposta completa e dettagliata». Ma non solo, Gran Bretagna e Stati Uniti starebbero considerando l'ipotesi di boicottare la Conferenza sugli investimenti - nota come «Davos del deserto» - che si terrà a Riad dal 23 al 25 ottobre. A rivelarlo è la Bbc, ricordando che molti gruppi editoriali e testate - tra cui Cnn e Financial Times - hanno già deciso di ritirarsi dall'evento. Fonti diplomatiche citate dall'emittente britannica fanno sapere che sia il segretario al Tesoro americano Steve Mnuchin sia il segretario britannico al Commercio internazionale Liam Fox potrebbero non andare a Riad, all'evento voluto da Mbs - e giunto alla sua seconda edizione - per promuovere la sua agenda di riforme. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna starebbero prendendo in considerazione l'ipotesi di boicottare la «Davos nel deserto», il summit dei giganti della finanza e dell'economia Usa. Sabato il presidente Usa, Donald Trump, aveva promesso una «punizione severa».

Sconvolgente la storia di Khashoggi, la violenza che ha sconvolto l'opinione pubblica di tutto il mondo e sta mettendo in grave difficoltà il Paese del principe ereditario saudita che puntava tutto sui messaggi di apertura. E a chiedere giustizia è Hatice Cengizla fidanzata del giornalista. «Il mio fidanzato, era un patriota. Rifiutava la definizione di dissidente». Colpisce la brutalità dell'uccisione del giornalista scomparso dodici giorni fa dopo essere entrato nel consolato saudita a Istanbul. All'interno di quell'edificio, secondo la polizia turca, sarebbe stato ucciso e smembrato. Secondo il New York Times, il giornalista, che collaborava con il Washington Post, sarebbe stato fatto a pezzi con una sega dentro l'edificio da agenti dei servizi di Riad, «come nel film Pulp Fiction». I suoi resti sarebbero quindi stati portati fuori nascosti dentro un minivan nero. Tra l'altro, il governo turco ha riferito a funzionari statunitensi di essere in possesso di registrazioni audio e video che provano che Khashoggi è stato ucciso all'interno del consolato. Ma intanto Riad smentisce le accuse come «menzogne». «Il regno afferma il suo totale rifiuto di qualsiasi tentativo di indebolirlo con minacce di imporre sanzioni economiche o con l'uso di pressioni politiche», ha detto una fonte ufficiale all'agenzia Spa.

E rilancia, l'Arabia Saudita intende rispondere «in modo ancora più deciso» a

qualsiasi azione. Quel che è chiaro è che serve subito un'inchiesta. Basta guardare il crollo della Borsa di Riad, che ha aperto con un -5,6% peggiorato fino a un -7%. Pesano i sospetti, ma ancora di più le minacce di sanzioni.

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