Kiev, la pace è un miraggio. Anche i Nobel la allontanano

Il ministro Kuleba: "Non è il momento, colpa di Putin". I tre vincitori del premio: "Deporre le armi? Una resa"

Kiev, la pace è un miraggio. Anche i Nobel la allontanano

Una strada che tutti invocano, ma che nessuno percorre per davvero. Una strada così stretta e impervia, eppure così affollata, da diventare impraticabile. È la strada che porta al dialogo e che potrebbe aprire un sentiero di pace tra Russia e Ucraina. Ma al di là delle parole, la realtà sembra ben differente. Tra bombe e missili che continuano a cadere sulla martoriata Ucraina, i segnali di una possibile trattativa al momento sono soltanto un miraggio. E anche chi pareva non vedere l'ora di arrivare in qualche modo a una conclusione del conflitto, adesso frena.

A partire dal ministro degli Esteri di Kiev Dmytro Kuleba che non usa mezzi termini: «La triste verità è che non è ancora arrivato il momento per la mediazione e la ragione è il presidente Putin. Se vuoi la pace, non mandi missili ogni settimana per distruggere le nostre infrastrutture, non continui a mandare militari per catturare le nostre città, non annetti territori che sono di altri». Parole durissime e tutto sommato, alla luce dei fatti, anche difficili da contestare. L'unica apertura, Kuleba la concede ad una mediazione del Papa, da tempo impegnato in prima persona alla ricerca del canale giusto per il dialogo. «Arriverà il momento della mediazione e se la Santa Sede vorrà partecipare sarà benvenuta», ha aggiunto il ministro. D'altra parte al momento un dialogo Mosca-Kiev è complicato per moltissime ragioni. All'interno della guerra che siamo ormai drammaticamente abituati a conoscere, ce n'è una di posizione. I russi non vogliono fare concessioni in termini di territori. Lasciare l'Ucraina senza niente in mano sarebbe non solo un palese fallimento militare ma anche uno smacco a livello di immagine per il regime di Putin. Di contro, nelle richieste di sovranità territoriale dell'Ucraina c'è la ragione di chi è stato invaso ma anche un'intransigenza che rischia di frenare ogni possibile compromesso. Del resto da quando c'è guerra nella storia, arrivare al tavolo delle trattative in posizione di forza ha sempre rappresentato un elemento decisivo e tale posizione è contesa e ambita. Nessuno vuole mostrare debolezza, in nessun caso.

E nella giornata dei premi Nobel a Oslo, hanno preso posizione sul conflitto gli insigniti del riconoscimento per la pace, anche in questo caso (sembra paradossale ma è così) escludendo una pace immediata. Il russo Yan Rachinsky, presidente della ong Memorial, ha definito la guerra un'azione «folle e criminale del presidente Vladimir Putin», spiegando anche che le autorità del Cremlino gli hanno chiesto di rifiutare il premio perché gli altri due co-vincitori, un'organizzazione ucraina per i diritti umani e un difensore dei diritti bielorusso incarcerato, sono stati ritenuti «inappropriati». «Naturalmente non abbiamo tenuto conto di questo consiglio anche nella Russia di oggi, la sicurezza personale di nessuno può essere garantita», ha detto. La seconda co-vincitrice, il capo del Centro per le libertà civili Oleksandra Matviychuk, ha spiegato che «Il popolo ucraino vuole la pace più di chiunque altro al mondo, ma la pace per un Paese sotto attacco non può essere raggiunta deponendo le armi. Non sarebbe pace, ma occupazione». Per l'ultimo co-vincitore del prestigioso premio, il bielorusso Ales Byalyatski, tutt'ora in carcere, ha parlato la moglie Natallia Pinchuk: «La Russia vuole trasformare l'Ucraina in una dittatura sotto il suo controllo come la Bielorussia», dedicando il premio proprio ai «milioni di cittadini bielorussi che si sono alzati in piedi e hanno manifestato nelle strade e online per difendere i loro diritti civili», in un Paese in cui il regime altro non è che uno scendiletto di Putin.

Dialogo e pace, quindi, lontanissimi. Anzi, il segretario della Nato Jens Stoltenberg lancia, ancora una volta, un allarme che fa tremare il mondo.

«È una guerra che può diventare una grande guerra a pieno titolo tra la Nato e la Russia. Stiamo lavorando ogni giorno per evitarlo». Altro che pace. Sarà un Natale di guerra per l'Ucraina e di apprensione per il resto del mondo.

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