L'esecutivo dà i numeri sull'economia Così s'ubriaca la calcolatrice gialloverde

Salvini e Di Maio addizionano Irpef e Iva, Tria e Conte reinventano lo zero

L'esecutivo dà i numeri sull'economia Così s'ubriaca la calcolatrice gialloverde

Ma non era meglio scegliere un buon professore di aritmetica anziché un avvocato del popolo? Questo governo dà ormai i numeri. Il guaio è che li dà sbagliati. Bisogna dimostrare che l'economia cresce e che le entrate sono maggiori? Semplice. Per Salvini e Di Maio basta addizionare gli addendi e il risultato cambia. In una nota, e stavolta senza litigare, i due si sono fatti i complimenti: «Abbiamo maggiori incassi Irpef e Iva dell'8 per cento!». Un successo. Infatti non è vero. L'Agenzia delle Entrate ha comunicato che nei primi quattro mesi è aumentato il gettito Irpef del 3,2 per cento e quello dell'Iva del 4,6 per cento. Ma Salvini e Di Maio che fanno? Sommano i due dati (e pure male) per farne una marmellata secondo la lezione di Totò: è la somma che fa il totale.

Stessa cosa con il debito. Mancano 23 miliardi? Basta aumentare le cifre dell'Iva che passa da 22 al 25,2 per cento. Il decreto famiglia annunciato da Di Maio che non si sa come coprire? Ma naturale! Si spostano i soldi del reddito di cittadinanza. È vero che i numeri sono ormai opinioni e che la matematica ha smesso di essere una scienza esatta, ma da un po' di tempo la calcolatrice Italia sembra perdutamente ubriaca. Giuseppe Conte, con un trucco contabile, ha promesso alla Ue di far scendere il deficit/Pil dal 2,4 al 2,04%. Simili, quasi simili, ma non la stessa cosa. Con questo gioco di prestigio ha permesso di mettere - si fa per dire e solo per un po' - i conti in ordine.

Ma adesso ci risiamo e questa volta non si sa cosa inventare. Anzi, in verità, si sa già. Grazie alla fantasia dell'uomo dei numeri della Lega, l'economista Claudio Borghi, è stata approvata alla Camera (e ci sono cascati tutti i partiti, tanto che Borghi avrà pensato: se ci sono cascati loro ci possono cadere anche i mercati) una mozione che prevede di pagare i debiti della pubblica amministrazione con dei misteriosi minibot. In pratica, l'azienda che vanta dei debiti con lo Stato potrebbe ricevere dei titoli e con questi saldare le tasse. Sembra a prima vista una nuova forma di valuta, una lira verdegialla. In una parola: una patacca. Lo ha compreso subito Mario Draghi: «O sono valuta, e quindi sono illegali, o sono altro debito» ha detto il governatore della Bce che in aritmetica è il più affidabile e che di solito parla poco. Il bello dei numeri, non a caso, è che non hanno bisogno di aggettivi. Cosa c'è di più nudo? Per questa ragione sin da quando il governo si è insediato ha fatto una battaglia non sui numeri (quella è sempre giusta) ma ai numeri e agli uomini che devono fornirli. All'Inps, il nemico era l'ex presidente Tito Boeri che si ostinava a spiegare che quota 100, in un'economia come la nostra, rischia di tradursi in quota 2. Sono i miliardi mancanti di contributi che rischiano di far saltare il sistema pensionistico. Ma nella lotta sono finite pure le statistiche. Un altro sostituito è stato Giorgio Alleva, ex presidente dell'Istat, che la vice ministra Laura Castelli desiderava «in sinergia con la politica». Ed era proprio alla Castelli che si voleva infine arrivare. Più audace del padre della macroeconomia John Maynard Keynes, la Castelli è la madre di un nuovo teorema economico che si fonda sulla relatività dei numeri. In breve, la formula recita così: «I numeri non tornano? Ma questo lo dice lei!». E però, non tutto è perduto.

Una speranza c'è ed è Salvini. Non Matteo. Lui ha dichiarato in passato di non sapere fare le disequazioni. Si tratta del figlio. Un campione e giustamente orgoglio del papà. Lui sì che i conti li sa fare. Ha nove in matematica.

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