La disperazione della Fallaci: "Ti pulirei anche le scarpe"

Ecco la corrispondenza inedita della giovane scrittrice con la sua prima passione

La disperazione della Fallaci: "Ti pulirei anche le scarpe"

Questa estate pubblicheremo lettere d'amore inviate da persone illustri del passato. Tra i mittenti, avremo Eleonora Duse, Napoleone, Virginia Woolf, Verdi e moltissimi altri. Le gioie (o le pene) d'amore dei «grandi» saranno commentate da editorialisti, scrittori, artisti, cantanti, attori tra i più noti del panorama italiano. Invitiamo anche i lettori a intervenire nel dibattito, scrivendo alla casella di posta elettronica letteredamore@ilgiornale.it

Sto attraversando un brutto periodo, tutti mi danno dispiaceri (...) sono depressa e delusa e tu sei il solo, lo giuro, che mi aiuti a respirare. Fammi sapere se hai bisogno di qualcosa, se posso fare qualcosa per te, dammi buone notizie. Darei vent'anni (ammesso che me ne restino tanti) per mandare al diavolo il mondo ed essere ora in Princes Gate a pulirti le scarpe. Io esisto ed esisto con le mie virtù e con i miei difetti per te e per quante ragazzuole tu ti possa portare a cena o in campagna o a casa tua, e per quanto ti possa piacere il fatto che sono più snob o più ricche di me, nessuna sarebbe mai capace di amarti e di sopportare tante ingiustizie come me.

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E anche se ora tu (non, ndr) mi vuoi bene, o me ne vuoi solo un pochino, penso che se riesco a resistere, cioè a vivere, può darsi che anche tu un giorno riesca a volermene: e allora sarà il giorno del miracolo e potrò permettermi di finire sotto un tram (...) Continua ti prego a permettermi di volerti bene: ci sono momenti in cui non mi sembra di avere che te al mondo e da questo non può venirti alcun male, ma solo bene.

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L'idea di perderti mi sconvolge al punto di togliermi ogni forza, come se fossi già morta. (...) Non ho paura di sentirmi male: il dolore fisico non è importante e io non lo temo. Ho paura che, dopo, tu non mi voglia nemmeno un poco di bene perché non è sapendoti legato a una qualsiasi responsabilità che io ti voglio. A quel modo anzi mai. In questi giorni è come se fossi completamente sola, capisci, come se non avessi nessun altro al mondo all'infuori di te e questo non significa farti partecipare ad una qualsiasi responsabilità, ammesso che esista, ma chiederti di essere buono con me, e di «perdonarmi».

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C'è sempre stato un inconfessato ottimismo in me: un ostinato resistere alle disgrazie, ed una misteriosa forza di recupero. Ma ora sento, con lucidità, che questa forza sta per andarsene. Non è perché il taglio mi duole e le gambe non mi obbediscono ma perché, ragionando, ho capito quanto sia irrimediabilmente sola e che nemmeno questa disastrosa esperienza è servita a portarti vicino a me, e non posso certo condannarti per questo: sei stato, oltretutto, premuroso e gentile.

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Vivo nella più assoluta, squallida abulia. Non mi importa più di nulla, non voglio più nulla, non spero più nulla: e questa amarezza rassegnata è peggio, in certo senso, della disperazione che mi sconvolgeva dopo quel terribile weekend a Londra, esploso nei tuoi rimproveri e poi in quella spiegazione utile e onesta, lo sappiamo, ma che nel fondo non desideravo. L'equivoco mi dava speranza e un senso alla vita. La verità mi mette solo un gran sonno, una placida voglia di morire, mi toglie insomma ogni gusto alla vita. No, non temere: non prenderò pillole come Cesare Pavese. Ho troppo buonsenso, malgrado tutto, e troppo senso del ridicolo. Però è come se le avessi già prese.

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Caro Alfredo sarò lunedì mattina a Londra. Ci resterò per ventiquattr'ore prima di andare a Bruxelles. Scenderò al Normandia. Aspetterò una tua telefonata, o un messaggio.

Io non posso e non devo chiamarti. Ma spero che tu lo faccia. Lunedì è il mio compleanno. Vorrei, anche se tutto è finito, passare almeno la sera con te. Perché io ti amo sempre, malgrado tutto. Non c'è proprio nulla da fare. Ti amo, Oriana.

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