L'Europa affila le armi: L'Italia rispetti le regole sul salvataggio di Mps

Bruxelles appoggia l'operazione ma vuole capire se ci sono le basi per evitare il bail-in

L'Europa affila le armi: L'Italia rispetti le regole sul salvataggio di Mps

Parole come una stilettata che fanno riaffiorare i peggiori incubi. Con il piano privato di Mps «non si sono raccolti abbastanza fondi, il che significa che ora possono guardare ad altre opzioni, incluso l'intervento statale, ma le regole impongono prima la necessità di un bail in degli azionisti e degli obbligazionisti junior». Il portavoce del presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, ha fatto capire che i falchi di Bruxelles hanno intenzione di infierire contro l'Italia. In realtà, ci sono molte questioni ancora sul tavolo e non si può dare nulla per scontato, ma una tragedia simile a quella capitata agli azionisti di Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti dovrebbe essere scongiurata. Certo, la Commissione Ue, quasi a voler smentire, ha subito precisato di «sostenere l'obiettivo di rafforzare ulteriormente il settore bancario italiano nel rispetto delle normative europee», ma il quadro è complesso.

«Se la carenza di capitale emerge solo nello scenario avverso nell'ambito di uno stress test, allora una banca che ha bisogno di aiuti di Stato può ricevere una cosiddetta ricapitalizzazione precauzionale e noi lavoriamo per capire se ve ne siano le condizioni», hanno spiegato da Bruxelles ricordando che, in questo caso, l'aiuto di Stato non fa scattare la risoluzione della banca né il bail in. Poiché il decreto del governo Gentiloni è stato scritto in stretto contatto con la Commissione Ue, non dovrebbero esserci particolari obiezioni su questo punto, anche se dalle parole riferibili a Dijsselbloem si evince un intento punitivo: considerare Mps già decotta e non già in situazione di emergenza.

Ciò che Bruxelles intende capire, in primo luogo, è come si concretizzerà il burden sharing, ossia la penalizzazione di obbligazionisti subordinati e azionisti. Una delle principali condizioni poste dall'Europa è il cosiddetto misselling, vale a dire la vendita di titoli ai risparmiatori senza la dovuta informativa sul grado di rischiosità dell'investimento. Il decreto, invece, risarcisce al 100% tutti i possessori retail di obbligazioni. Senza contare che il via libera della Commissione e della Bce all'ingresso dello Stato nel Monte sarà subordinato alla presentazione di un piano di ristrutturazione della banca che «dovrà garantire il ritorno alla sostenibilità dell'istituto e rispettare la direttiva sulle risoluzioni bancarie». I tempi non saranno brevissimi perché, in primo luogo bisogna procedere alla notifica dell'intenzione di procedere all'aiuto di Stato e, in secondo luogo, sarà la Vigilanza di Francoforte (Single Supervisory Mechanism a forte impronta tedesca) a stabilire quali siano le necessità di capitale di Mps in seguito alla conversione dei bond. Solo successivamente si potrà articolare un vero e proprio business plan. E all'interno di questo si metteranno in discussione, innanzitutto, la durata della presenza dello Stato che Bruxelles vorrebbe non superiore ai 18 mesi, ma che Roma vorrebbe estendere almeno a due anni. Poi dovrà anche essere analizzata la questione delle sofferenze e del loro trattamento (anche se Atlante ha fatto sapere di essere ancora disponibile all'acquisto della tranche «mezzanina»). Infine il tema esuberi e redditività: tutto dovrà essere scrutinato.

Ovviamente, occorrerà anche garantire la normale operatività della banca e, per farlo, bisognerà trattare con la Commissione Ue al fine di

prorogare oltre il 31 dicembre lo schema di garanzie pubbliche di sostegno alla liquidità per le banche che ne abbiano necessità. Il cammino è impervio e quel «sostegno» manifestato da Bruxelles è tutt'altro che a buon prezzo.

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