L'Ue fa acqua e fa pochi vaccini. E l'Organizzazione mondiale della sanità la sgrida come si fa con i bambini: «La distribuzione è inaccettabilmente lenta». L'Europa dei Ventisette ha immunizzato finora il 27 per cento degli over 80 e il 47 per cento degli operatori sanitari, le due categorie in prima linea che secondo il piano vaccinale europeo a questo punto dovevano essere all'80 per cento di copertura.
L'Europa sconta le sue lentezze, la scelta politica di garantire a tutti i Paesi lo stesso numero di vaccini in rapporto alla popolazione, l'eccessiva fiducia nelle capacità delle aziende farmaceutiche di tene fede alle ottimistiche road map produttive, oltre alle inefficienze dei singoli Paesi, classico caso in cui due inefficienze non si compensano ma moltiplicano i loro effetti. Il tutto proprio nel momento in cui, sottolinea l'organizzazione guidata da Tedros Adhanom Ghebreyesus, l'ondata di contagi nel vecchio continente è particolarmente preoccupante: «Solo cinque settimane fa il numero settimanale di nuovi casi in Europa era sceso a meno di 1 milione, ma ora la situazione della Regione è più preoccupante di quanto non si sia visto da diversi mesi. Ci sono rischi associati all'aumento della mobilità e dei raduni durante le festività religiose. Molti Paesi stanno introducendo nuove misure necessarie, tutti dovrebbero seguirle il più possibile», dice Dorit Nitzan, direttrice regionale per le emergenze per l'Ufficio regionale dell'Oms.
Un disastro a cui si potrebbe porre rimedio soltanto grazie a un'accelerazione nel rifornimento, nella distribuzione e nella somministrazione dei vaccini. «I vaccini sono la nostra migliore via d'uscita. Non solo funzionano, ma sono anche molto efficaci nel limitare le infezioni. Tuttavia, la distribuzione di questi vaccini è inaccettabilmente lenta», ammonisce il direttore di Oms Europa, Hans Kluge. A oggi, più di 152 milioni di dosi sono state somministrate in Europa, mentre il totale di quelle inoculate in tutto il mondo ieri pomeriggio era di 547.727.346 segnalate dal contatore della stessa Oms. In media, lo 0,31 per cento della popolazione europea riceve una dose ogni giorno: un tasso quasi doppio rispetto a quello del resto del mondo (0,18 per cento), ma nettamente inferiore a Usa/Canada (0,82 per cento). «Dobbiamo accelerare il processo - dice Kluge - aumentando la produzione, riducendo gli ostacoli alla consegna e utilizzando qualsiasi dose abbiamo in magazzino, ma attualmente la situazione in Europa è la più preoccupante che osserviamo da diversi mesi». Naturalmente nel frattempo è inopportuno che i singoli Paesi allentino le misure: «Conta ciò che fai o non fai come individuo. Non possiamo lasciare che la stanchezza vinca. Dobbiamo continuare a tenere a freno il virus».
Naturalmente non tutti i Paesi sono tra i cattivi del vaccino. Il Regno Unito, con 35.014.074 dosi totali somministrate, 51,6 ogni 100 abitanti, straccia le altri grandi potenze continentali, anche l'«efficientissima» Germania, ferma a 12.818.845, pari a 15,4 ogni 100 abitanti. Sullo stesso piano dei tedeschi la Francia (10,543.534 dosi, 15,5 ogni 100 abitanti), l'Italia (9.272.731, 15,5 ogni 100 abitanti) e la Spagna (7.572.588 dosi, 16 ogni 100 abitanti). Nell'Europa continentale spiccano le performance dell'Ungheria di Viktor Orbán (2.603.932 dosi somministrate, 26,7 ogni 100 abitanti) e della Serbia (2.444.395 dosi, 35,3 ogni 100 abitanti).
Nel resto del mondo fanno meglio dell'Europa, oltre gli Stati Uniti (40,95), il Cile (49,19), gli Emirati Arabi Uniti (83,12), il Qatar (27,44), il Bahrein (44,4), il Marocco (20,68), e naturalmente l'avanguardista Israele (114,7),
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