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Libia, memorandum buonista di Di Maio

Modifiche inviate a Tripoli fuori tempo massimo. Solo per calmare sinistra e Ong

Libia, memorandum buonista di Di Maio

La definiscono proposta, ma è solo un tardivo bluff. O, meglio, una montatura messa in scena fuori tempo massimo per avere la certezza di non dover affrontare un difficile e pericoloso negoziato con Tripoli. Parliamo del testo inviato ieri alle autorità libiche che - stando ad una nota del ministero degli Esteri - dovrebbe introdurre «significative innovazioni per garantire più estese tutele ai migranti, ai richiedenti asilo ed in particolare alle persone vulnerabili vittime dei traffici irregolari che attraversano la Libia e per promuovere una gestione del fenomeno migratorio nel pieno rispetto dei principi della Convenzione di Ginevra».

Il testo rappresenterebbe, insomma, la base per modificare il Memorandum Italia-Libia varato nel 2017 dal ministro dell'Interno Marco Minniti. Un memorandum che governa il finanziamento e l'addestramento della Guardia Costiera di Tripoli e tutte le azioni congiunte per il contenimento dei flussi migratori dalle coste dell'ex-colonia. Ma per avere qualche speranza di vederlo recepito dai partner libici il testo andava presentato entro il 2 febbraio scorso, data in cui il memorandum si è rinnovato automaticamente nella sua versione originale. Il ritardo non è certo figlio della sbadataggine. Il ministro degli Esteri Luigi di Maio era al corrente dell'imminente rinnovo automatico sin dallo scorso novembre.

Sollecitato dalle Ong e dalle varie organizzazioni umanitarie il responsabile della Farnesina aveva garantito, d'intesa con la collega dell'Interno Luciana Lamorgese, un intervento preciso e puntale. Ma bluffavano entrambi. Sapevano bene che né il governo di Tripoli, né le milizie da cui dipende per la sua sopravvivenza, avrebbero accettato dei controlli sui metodi impiegati per bloccare i migranti. Anche perché le milizie impiegate nel pattugliamento delle coste e nella detenzione dei clandestini sono in molti casi le stesse coinvolte, prima del 2017, nella tratta di umani. E a rendere ancor più complessa qualsiasi modifica contribuiva la sostanziale perdita di controllo del nostro governo su un esecutivo di Tripoli manovrato ormai dalla Turchia di Erdogan.

Costretto a scegliere tra l'inevitabile moltiplicazione degli sbarchi derivante da una rottura con Tripoli e la presa in giro del popolo buonista il governo giallorosso non ha avuto dubbi e ha imboccato, senza troppe esitazioni, la seconda strada.

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