Politica

Libia, Serraj pronto a disertare Berlino

Il presidente si sfila. Di Maio: «Sì ai soldati, ma solo se c'è l'accordo con l'Onu»

Gian Micalessin

«La lotta al terrorismo fondamentalista si deciderà in Libia nei prossimi tre o quattro mesi. E se non lo capirete pagherete un caro prezzo». L'ambasciatore egiziano in Italia Hisham Mohamed Badr intervenendo alla conferenza organizzata al Senato dalla Fondazione «Italia Protagonista» e dal senatore Maurizio Gasparri manda un chiaro monito all'Italia e all'Europa alla vigilia della Conferenza di Berlino. «Permettere alla Turchia di mandare i terroristi reclutati in Siria a combattere al fianco delle milizie rappresenta un vero suicidio perché quegli stessi terroristi arriveranno poi qui in Europa. -prosegue-Noi egiziani abbiamo 1200 chilometri di confine con la Libia e abbiamo registrato 4mila tentativi d'infiltrazione terroristica. Non siate ingenui come gli americani che appoggiavano i Fratelli Musulmani credendo di convertirli alla democrazia. Permettere che Erdogan mandi le sue truppe è un regalo al terrorismo». L'avvertimento è sicuramente interessato perché se la Turchia appoggia il governo di Tripoli l'Egitto è, dall'altra parte, uno dei migliori alleati del generale Khalifa Haftar. C'è, però, un elemento concreto. I duemila volontari reclutati tra gli ex-ribelli siriani che - stando al quotidiano inglese Guardian - Ankara sta dispiegando in Libia sono tutti di provata fede jihadista e pronti a far fronte unico con i miliziani di Tripoli vicini alla Fratellanza Musulmana. Quindi la loro presenza in Tripolitania rafforzerebbe le attività jihadiste su quei territori del Sahel dove la destabilizzazione islamista minaccia Mali, Niger, Burkina Faso, Nigeria e Cameroon intersecandosi con le rotte dell'immigrazione diretta verso le nostre coste. Le preoccupazioni per l'atteggiamento sempre più aggressivo della Turchia influenzano anche il programma della Conferenza di Berlino al via domani. Alcune fonti segnalano l'aggiunta di un passaggio in cui si chiede un «nuovo, rappresentativo» governo unificato «di accordo nazionale». Quelle parole potrebbero sottendere alla richiesta di un'uscita di scena dell'attuale premier di Tripoli Fayez al Sarraj. E ieri sera dalla Libia è arrivata la notizia che Sarraj potrebbe non andare a Berlino, inviando una delegazione. Anche l'eliminazione dei riferimenti alle sanzioni Onu contro i paesi che hanno violato l'embargo sulle armi e la scomparsa delle proposte per una «commissione tecnica» di monitoraggio del cessate il fuoco vengono ugualmente interpretati come una maggiore disponibilità nei confronti del generale Haftar e dei suoi alleati primi fra tutti Emirati ed Egitto. La Russia accogliendo le proposte del generale e dei suoi alleati starebbe, insomma, premendo sulla Germania per contenere le richieste di Erdogan e arrivare, forse, alla formazione di un nuovo esecutivo di unità nazionale meno sensibile alle direttive di Ankara e della Fratellanza Musulmana. Una svolta che non dispiacerebbe nemmeno all'America di Donald Trump rappresentata alla conferenza dal Segretario di Stato, Mike Pompeo, e rimetterebbe in gioco un'Italia spiazzata proprio dall'interventismo turco. Intanto a recuperare il nostro paese nonostante gli errori di un premier, Giuseppe Conte, e di un ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, superficiali nel sottovalutare il ruolo di Mosca ci sta pensando il capo della diplomazia russa Serghei Lavrov.

Di Maio, in un'intervista a Der Spiegel ha dichiarato: «Siamo pronti a rendere i nostri contingenti disponibili se le parti libiche e le Nazioni Unite saranno d'accordo»; «Io credo - ha poi precisato - che l'Unione Europea, e non i membri Ue individualmente, possa essere un attore neutrale e credibile per questa missione».

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