Una mamma suona ripetutamente il campanello ma nessuno risponde; allora cerca di chiamare casa dove proprio figlio di due anni e mezzo è stato lasciato alla giovane baby sitter ma questo risulta occupato. Sale così la tensione, oltre alla preoccupazione che qualche cosa sia accaduto, anche perché all'interno dell'appartamento di via Colvera 4 si sentono i pianti del piccolo.
Arrivano i vigili del fuoco e sfondano la porta per entrare nell'appartamento della famiglia De Gottardo-Giorgi e la scena cui assistono è terrificante: Annalaura, una giovane e bella ragazza di ventun anni, distesa senza vita sul tavolino in salotto con alcuni cocci della base della lampada rotta ed un cuscino azzurro al fianco.
Siamo a Pordenone ed è il 2 febbraio del 1988 e Annalaura stava accudendo un piccolo diventato l'unico testimone di quell'efferato delitto. Troppo piccolo per essere utile alle indagini.
La vittima era seminuda e, lungo l'appartamento, vi erano tracce di sangue frutto sicuramente di una colluttazione.
Gli investigatori trovarono un pezzo di nastro adesivo arrotolato compatibile con i segni rilevati sul collo di Annalaura che, dopo l'autopsia, determinarono come la morte della giovane fosse avvenuta per strangolamento.
Dapprima le indagini si concentrarono sul fidanzato della vittima e, una volta assodato la sua estraneità ai fatti, fu ricercata la verità indagando su un'associazione «Telsen Sao» di cui Annalaura faceva parte. «Telsen Sao», di fatto era una setta guidata da un capo carismatico, Renato Minozzi, che aveva facoltà il «compito» di guidare gli adepti in viaggi «astrali». Una setta con forti connotazioni religiose tanto che alla povera vittima la Chiesa negò il funerale cattolico.
All'epoca dei fatti però non esisteva, almeno in Italia, il test del Dna e quindi il caso fu archiviato come un delitto irrisolto. Vent'anni dopo l'inchiesta venne riaperta dalla Squadra mobile di Pordenone che rinvenne sul corpo della Pedron tracce di sangue diverse da quelle della vittima oltre ad impronte che coincidevano con quelle di un giovane, David Rosset, all'epoca quattordicenne e «adepto», con sua madre della stessa setta di Annalaura.
Pur essendo molte cose cambiate dopo vent'anni, «Telsen Sao» non esiste più ed il suo guru ora fa il pittore, la Procura della Repubblica, con i pm Valentina Bossi e Chiara de Grassi, rinviano a giudizio David Rosset parlando di «futili e abietti motivi», quelli che avrebbero portato all'omicidio della giovane baby-sitter.
Secondo la ricostruzione che i pubblici ministeri fecero nel 2008 il quattordicenne David Rosset sarebbe andato a trovare Annalaura nell'appartamento dove badava al bambino e, vistosi rifiutato, si scatenò in una violenza irrefrenabile che scaturì nell'omicidio.
Renato Minozzi, nel 2008, ricordava benissimo la famiglia Rosset, secondo quello che dichiarò agli inquirenti: «Furono loro a cercarmi per la passione nei confronti dell'astrologia».
Si ricorda in modo preciso di quel ragazzino «introverso e un po' nervoso» e della sua mamma Rosalinda Bizzi, il «vero capofamiglia» a cui le autorità diedero la responsabilità di aver alterato le prove e depistato gli inquirenti per salvaguardare David.
Ma nonostante la presenza del sangue di David Rosset sulla vittima e nell'appartamento teatro dell'omicidio, il reato venne in primo grado prescritto mentre in secondo grado, con la sentenza del 2 febbraio del 2013, l'ormai quarantenne imputato venne assolto dai giudici del Tribunale di Trieste perché ritenuto incapace di intendere e volere al momento del delitto.
Al di là della sentenza, che riuscì a non convincere né la difesa di Rosset che si aspettava una assoluzione nel merito né l'accusa che aveva chiesto la condanna a ventiquattro anni, destò stupore l'atteggiamento dell'imputato: mai fu presente in aula e mai prese posizione sulla drammatica vicenda. Il caso della povera Annalaura Pedron a oggi è irrisolto, anche se rimane assolutamente surreale. David Rosset, infatti, non è stato considerato colpevole ma nemmeno innocente, e almeno una cosa si è appurata con assoluta certezza grazie al sangue trovato sulla vittima e al test del Dna: la sua presenza il giorno del delitto nell'appartamento.
Da qui l'accorato appello della famiglia Pedron (padre, madre e sorella di Annalaura) di arrivare ad ottenere sia giustizia che una parola da parte di chi, David Rosset, fu di certo accanto alla figlia negli ultimi attimi di vita.@terzigio
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