Vladimir Putin guadagnerà qualche punto di popolarità nel braccio di ferro con l'Ucraina in nome del nazionalismo russo, ma a conti fatti l'escalation con Kiev provocherà più grane che altro. L'ultima volta che il moderno Zar aveva raggiunto una popolarità superiore all'85% era proprio nel 2014 con l'annessione della Crimea. Una zampata dell'orso russo punzecchiato da mesi dalla rivolta di piazza Maidan, che si è conclusa con un colpo di mano e la presa del potere degli ucraini ribelli al Cremlino.
Adesso la popolarità di Putin arranca. L'ultima batosta è la legge sulle pensioni fortemente malvista da un'ampia fetta della popolazione. La classica reazione muscolare di Mosca all'intrusione dei pattugliatori ucraini riattizzerà l'orgoglio russo facendo dimenticare i guai in casa. Una vecchia tattica usata da tanti paesi e governi, che con la Russia funziona sempre. Lo stesso «obiettivo» della mossa ben studiata da Kiev, lo stretto di Kerch, non può che far reagire Putin. Il presidente russo ha fortemente voluto la costruzione del ponte strategico e altamente simbolico politicamente, che unisce fisicamente la Federazione alla Crimea. Anche solo sfiorare il ponte è come intaccare il prestigio del Cremlino, che non ha battuto ciglio nel tirare fuori dalle casse dello stato 4 miliardi dollari per l'opera in tempi di vacche magre.
La crisi esterna, che per un po' potrebbe far passare in secondo piano i problemi interni dettati dall'economia in cattiva salute, rischia però di diventare un boomerang. Putin puntava a un allentamento o cancellazione delle sanzioni facendo leva su Paesi europei come l'Italia restia a continuare a punire Mosca. Il braccio di ferro a Kerch rischia, al contrario, di inasprire le sanzioni fin dal conclave Ue di dicembre. Il Cremlino aveva relegato da tempo il conflitto ucraino per il Donbass nel «congelatore» per mantenere una perenne spina nel fianco di Kiev. Adesso il conflitto potrebbe riesplodere con forza per iniziativa ucraina dopo avere già provocato 10mila morti. E Putin non ha voglia di rafforzare il clima da guerra fredda con un braccio di ferro che fa mostrare i muscoli alla Nato.
Per non parlare del fatto che, alla vigilia del G20 a Buenos Aires, il presidente americano Donald Trump voleva riprendere il dialogo con il capo del Cremlino. Difficilmente lo farà all'ombra dell'ultima crisi. Non è un caso che Putin abbia fatto trapelare la «seria preoccupazione per un'escalation del conflitto» dopo l'imposizione della legge marziale voluta del presidente ucraino Petro Poroshenko. Forse lo stretto di Kerch è solo uno specchietto per le allodole.
La prossima mossa potrebbe essere la rivincita di Kiev nel Donbass, che metterebbe Putin di fronte a un dubbio amletico: intervenire scatenando chissà cosa o abbandonare i filo-russi diventati troppo scomodi e ingombranti?
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