Politica

L'ultima idea del governo. Chi lascia il lavoro prima dirà addio al "retributivo"

Il ministro Poletti annuncia "una delle cento idee" allo studio: chi si ritira con meno di 67 anni d'età avrà l'assegno calcolato solo sui contributi versati

Pensionati in attesa in un ufficio dell'Inps
Pensionati in attesa in un ufficio dell'Inps

Vuoi andare in pensione prima del tempo? Allora devi accettare che il calcolo del tuo assegno venga elaborato in base al sistema contributivo, e non più con quello «misto» (retributivo e contributivo).

Nella sostanza è questo il messaggio che Giuliano Poletti invia alle migliaia di sessantenni rimasti imbrigliati al posto di lavoro dalla riforma Fornero fino a 67 anni. Il ministro del Lavoro spiega che questa di un diverso sistema di calcolo «è solo una delle cento ipotesi possibili sul tappeto», allo studio del governo per risolvere l'allungamento forzoso dell'età lavorativa introdotto dal governo Monti.

E che in realtà «al momento non è escluso nulla fino a che non avremo fatto un approfondimento puntuale». Momento che avverrà quando il governo metterà mano alla legge di Stabilità, cioè a settembre. «Sul tema della flessibilità in uscita - spiega Poletti - ci sono tante variabili che dipendono dall'efficacia, la finanza pubblica, l'equità».

In realtà, il ministro del Lavoro sta cercando di «gestire» l'annuncio fatto da Renzi quando ha presentato il decreto-pensioni che ha l'obbiettivo di risolvere il problema della sentenza della Corte Costituzionale. In quell'occasione, il presidente del Consiglio ha annunciato che è sua intenzione mettere mano alla legge Fornero ed introdurre misure in grado di favorire l'uscita anticipata dei lavoratori, rispetto all'allungamento previsto dalla riforma di tre anni fa.

Renzi ha fatto anche l'esempio della donna che, rinunciando a 30 euro di pensione, potrebbe stare vicino al nipotino. «Così risparmia i soldi per la baby sitter», ha commentato. In realtà, a conti fatti, un'eventuale uscita anticipata costerebbe al futuro pensionato non 30 euro, ma il 30% dell'assegno.

Così, per provare ad «avvicinare» le prese di posizioni del presidente del Consiglio con il taglio reale della pensione, Poletti sposta la discussione sul sistema di calcolo del trattamento.

In effetti, se il futuro pensionato che volesse uscire prima dei 67 anni accettasse che l'assegno venisse calcolato con il sistema contributivo (tanto versi tanto prendi), il taglio del trattamento corrisponderebbe più o meno ad una riduzione del 30%.

Nel 1995 la riforma Dini introdusse diversi sistemi di calcolo della pensione. Chi, a quella data, aveva più di 18 anni di contributi, al momento del ritiro avrebbe ricevuto l'assegno calcolato con il sistema contributivo. Chi, a quella data, aveva meno di 18 anni di contributi, avrebbe avuto la pensione calcolata con un sistema «misto»: per una parte retributivo, per una parte contributivo. Infine, per tutti i neo assunti a partire dal 1995 doveva essere applicato esclusivamente il sistema contributivo.

I sindacati sono già sul sentiero di guerra. Annamaria Furlan, segretario della Cisl, apprezza le aperture di Renzi e Poletti sulla flessibilità in uscita. Ma non vuol sentire parlare di tagli dell'assegno. «Quando avremo una proposta concreta in materia la illustreremo ai sindacati», precisa il ministro del Lavoro.

Ma la Furlan sottolinea che «la risposta del governo alla sentenza della Consulta, non basta ed è insufficiente». Alle telecamere di Omnibus , La7, commenta che «non si può parlare di bonus perché si tratta di soldi che appartengono ai pensionati e alle pensionate.

Con l'una tantum e la rivalutazione a partire dal 2016 si restituiscono solo in minima parte i soldi ai pensionati».

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