L'unico alleato è l'Egitto (e Putin l'ha capito)

È l'unico Stato che ha la capacità militare, e l'interesse a fare la guerra in Libia per sconfiggere i terroristi islamici

L'unico alleato è l'Egitto (e Putin l'ha capito)

Ora che finalmente Paolo Gentiloni è uscito dall'anonimato grazie all'Isis che l'ha consacrato come «ministro dell'Italia crociata», cosa aspettiamo a dichiarare guerra ai terroristi islamici che stanno conquistando la costa della Libia e hanno minacciato di bombardarci con i missili? È proprio necessario attendere la conta delle nostre vittime e il calcolo dei danni che subiremo? Ci serve un'altra strage premeditata di centinaia di clandestini costretti con le armi dagli scafisti libici a salire sui gommoni della morte? Se fossimo un Paese che facesse primeggiare la sicurezza dell'Italia e la tutela degli italiani, il capo dello Stato avrebbe immediatamente convocato il Consiglio supremo della difesa per proclamare lo stato di massima allerta e approntare una strategia di guerra. Il capo del governo avrebbe subito ordinato il blocco navale al limite delle nostre acque territoriali, la fine di qualsiasi sbarco di clandestini sulle nostre coste, controlli severissimi nei porti, aeroporti e accessi stradali, chiusura di tutte le moschee, scuole coraniche ed enti assistenziali islamici costituiti in modo fraudolento o che comunque operano in modo illegale, oscuramento dei siti che propagandano la guerra santa islamica, revoca della cittadinanza o ritiro del passaporto ai terroristi islamici italiani e divieto assoluto di rientro in Italia dei terroristi islamici immigrati, espulsione di tutti i predicatori d'odio, arresto di tutti i militanti e simpatizzanti dell'ideologia jihadista, rimpatrio coatto di tutti i detenuti stranieri dalle nostre carceri, blocco dei finanziamenti stranieri alle istituzioni islamiche. Matteo Renzi, che offese l'onorabilità dello Stato snobbando il presidente egiziano Al Sisi nella sua visita ufficiale a Roma lo scorso 24 novembre, mettendosi la cuffia della traduzione in ritardo e continuando a messaggiare sul cellulare mentre l'ospite parlava durante la conferenza stampa, dovrebbe volare al Cairo sia per scusarsi della figuraccia sia per stringere un'alleanza strategica. Perché oggi l'Egitto è l'unico Stato che ha la capacità militare, l'interesse strategico e la determinazione politica a fare la guerra in Libia per sconfiggere i terroristi islamici. Se osserviamo la carta geografica, constatiamo che i terroristi islamici legati all'Isis insidiano l'Egitto sia a ovest, occupando Bengasi, Derna e da poche ore anche Sirte, sia ad est, nel Sinai, in seno al gruppo Ansar Bait al-Maqdis che ha fatto atto di lealtà al Califfo dello Stato islamico, Al Baghdadi. Ma l'Egitto ha un interesse strategico a fare questa guerra anche e soprattutto per rinsaldare il fronte interno liquidando definitivamente i Fratelli musulmani, che continuano a essere il principale ostacolo alla normalizzazione dopo la rimozione del loro presidente Morsi, estromesso proprio da Al Sisi a furor di popolo nel luglio 2013. Nella campagna per la sua elezione a presidente della Repubblica lo scorso maggio, Al Sisi aveva assicurato che «i Fratelli musulmani non esisteranno più». Se l'Europa e gli Stati Uniti avessero a cuore il proprio legittimo interesse nazionale, dovrebbero sostenere la guerra di Al Sisi in Libia come seria premessa alla sconfitta del terrorismo islamico mondiale. Parlando lo scorso gennaio all'università islamica di Al Azhar, una sorta di «Vaticano» dell'islam maggioritario sunnita, Al Sisi ha avuto il coraggio di sostenere che «l'islam ha bisogno di una rivoluzione per estirpare il jihad», affinché il mondo musulmano cessi di essere percepito come «fonte di pericolo, morte e distruzione per il resto del mondo», perché «non è possibile che 1,6 miliardi di musulmani vogliano uccidere gli altri 7 miliardi di abitanti della Terra». Per ora chi ha capito fino in fondo l'importanza strategica dell'Egitto di Al Sisi è il solito Putin che, mentre Obama farneticando ventilava di fargli la guerra in Ucraina, si è recato al Cairo il 9 febbraio sottoscrivendo una commessa di armi da 3 miliardi di dollari e la costruzione di un impianto nucleare. Grazie all'Egitto di Al Sisi e alla Russia di Putin, senza escludere un impegno militare anche dell'Algeria e del Marocco, l'Italia ha un'occasione storica per ripristinare la propria egemonia in Libia dopo la follia di Sarkozy del 2011 che, eliminando brutalmente Gheddafi, ha consegnato il Paese al caos e al terrorismo islamico.

Se c'è una cosa che Renzi farebbe bene a emulare da Sarkozy è l'intraprendenza e il decisionismo che, almeno a chiacchiere, dovrebbero appartenergli. Diversamente, se aspetteremo che siano altri a decidere per noi, allora rassegniamoci all'attesa dei missili e degli attentati islamici.

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