nostro inviato ad Arquata del Tronto (Ascoli Piceno)
«Qui hanno sgomberato solo tra ieri e oggi, prima toccava scavalcare i massi per arrivare in paese». La signora Giorgi abitava a Piedilama, la frazione di Arquata frantumata dal sisma dove ieri è arrivato il premier Paolo Gentiloni per la consegna delle prime casette temporanee. E come tanti anche lei sbuffa per le attenzioni riservate al suo territorio solo in occasione della visita eccellente. «Sono mesi che qui non si poteva camminare, questa è una rimozione mirata, a uso e consumo del premier e delle telecamere al seguito», dice Antonio, uno degli assegnatari dei nuovi alloggi. «Tornate tra dieci giorni, vedrete che qui saremo di nuovo abbandonati, manco le rondini in cielo ci saranno», ironizza, spiegando che il problema vero, ora che la casa c'è, sono le infrastrutture, visto che il supermercato più vicino «è ad Acquasanta, 15 chilometri, e non è che tutti hanno la macchina qui». E pure il sindaco di Arquata, Aleandro Petrucci, al netto della cortesia istituzionale e della fascia tricolore, qualche perplessità la mantiene: «Diciamo che sono tre mesi - spiega - che chiedo di cominciare la rimozione delle macerie, abbiamo ancora 500mila tonnellate di materiale da rimuovere solo nel territorio del nostro Comune». Più o meno la stessa quantità da rimuovere ad Accumoli, pochi chilometri più in là, appena superato il confine con il Lazio, mentre ad Amatrice le scosse di un anno fa e quelle dello scorso autunno hanno lasciato in terra circa 1,1 milioni di tonnellate di macerie.
E al di là della consegna delle case temporanee (che va comunque a rilento), delle strette di mano e delle crostate offerte al primo ministro, ripulire dai detriti è il primo passo verso quella ricostruzione a cui qualcuno, qui ad Arquata, comincia a non credere più. Per ora è stato assegnato il primo bando, che vale 10 milioni di euro (ma ne serviranno 20-25 almeno per completare la rimozione delle macerie). E anche sulla rinascita delle attività economiche, senza le quali pensare di mantenere viva una comunità è utopia, pesano sotto il sole di Ferragosto i dubbi sulle «zone franche» sollevate dal sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, e rilanciate dal collega di Arquata Petrucci. Doveva esserci esenzione totale per due anni, ma la circolare attuativa della legge, come ha scoperto Pirozzi, spalmava quel 100 per cento su tre anni, con uno «sconto» del 39 per cento il primo anno, del 33 il secondo e del 28 il terzo per chi ha subito una riduzione di almeno un quarto del fatturato. Un punto sul quale il commissario governativo per la ricostruzione, Vasco Errani, non si è sbilanciato, ribadendo la validità della legge e concedendo solo una eventuale correzione della circolare «se dovesse esserci qualcosa da chiarire».
Più o meno la posizione espressa da Gentiloni, appena più possibilista sulle correzioni, magari mirate per le zone rosse, prima di tornare sull'elicottero che lo ha riportato nella capitale: «Mancate promesse? Siamo sempre stati aperti alle obiezioni e a valutare osservazioni, non abbiamo mai fatto nulla di diverso da quanto contenuto nella legge. Se si può fare di più noi siamo disposti a parlare con il sindaco Pirozzi. Se ci sono cose da aggiustare, lo faremo». L'ultimo rischio, ricorda ancora Pirozzi, è fare concorrenza sleale alle imprese già esistenti.
«Se un negozio a Spoleto - spiega - ha avuto un calo del fatturato del 23 per cento dopo il sisma non ha diritto agli sgravi. Che invece spettano a chi arriva e apre ex novo e accede ai vantaggi. Mi pare che non vada bene».
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