Non se la sente di parlare in diretta, Emmanuel Macron. Guarda negli occhi un Paese attraverso un video registrato e annuncia «un nuovo contratto nazionale» per provare a uscire dalla profondissima crisi dei gilet gialli. Tredici minuti scarsi per ribadire la fermezza contro le violenze registrate nei giorni scorsi: «Non sarà tollerata, i responsabili saranno puniti». E annunciare quattro misure per placare la rabbia «legittima». Via libera dunque dal 2019 «all'aumento del salario minimo di 100 euro», all'esenzione degli straordinari dalle tasse, al bonus per i lavoratori che partirà entro fine anno e all'annullamento della tassa sulle pensioni al di sotto dei duemila euro.
Sarà il governo, oggi, a presentare «misure di sostegno sociale», con cui il presidente spera di evitare il quinto atto di protesta previsto per sabato. «La mia legittimità viene dai voi francesi, non dalle lobby». «In Francia si è sempre gestito il presente, mai il lungo termine, il malessere viene da lontano, da 40 anni in cui villaggi e quartieri che hanno visto i servizi pubblici ridursi». Ecco perché nel suo discorso tende la mano ai sindaci, ma soprattutto al vecchio mondo: amministratori che conoscono il terreno che faranno da intermediari con i territori nonostante sia stato proprio lui a farsi scappare il sindaco di Lione Gérard Collomb, suo mentore e poi ministro ripudiato. Il tentativo di trovare un compromesso, lo scorso 27 novembre, è stato vanificato dalla protesta continua. Ieri, dopo aver ammesso a porte chiuse di aver fatto delle «sciocchezze», arrivano le pubbliche scuse: «Mi rendo conto di aver forse fatto male ad alcuni francesi con le mie dichiarazioni». Troppi inceppi nel suo meccanismo di comunicazione. Come quando disse a un disoccupato che per trovare lavoro gli bastava attraversare la strada. O quando umiliò un adolescente reo di averlo chiamato «Manù». Per lui, che in 19 mesi di presidenza si è spesso definito maître des horloges, la lancetta si è inceppata. È l'ora della verità. Ieri ha preso dunque atto della crisi: «Per questo voglio decretare lo stato di emergenza economica e sociale», tradotto in una serie di provvedimenti molti dei quali saranno oggetto di discussione parlamentare. Dopo 24 giorni di protesta diffusa, trasversale, permeabile alle violenze, definite dal presidente «inammissibili», Macron ha ribadito che i casseur «non beneficeranno di alcuna indulgenza», attaccando «gli opportunisti che hanno profittato della collera» distruggendo e saccheggiando Apple store, grandi magazzini, boutique e decine di attività commerciali. «Cercavano disordine e anarchia, niente giustifica i danni alla cosa pubblica e ai commercianti». Le forze dell'ordine hanno fermato 4.500 persone in tutta la Francia dalla prima giornata di manifestazioni il 17 novembre, intaccando pesantemente anche la crescita, ridotta dello 0,1 per cento nell'ultimo trimestre, pronosticava ieri il ministro dell'Economia. Macron ha però guardato negli occhi i francesi. Puntuale, alle 20, ma non in diretta tv. Un altro segno che la paura di sbagliare resta: l'anno scorso, dopo tante promesse a una fabbrica in difficoltà, si lasciò sfuggire poco dopo imbarazzanti fuori onda.
Frasi come: «Invece di star qui a far casino, gli operai in sciopero possono andare a vedere se nello stabilimento vicino cercano posti, perché lì stanno lavorando». Meglio, dunque, non rischiare la diretta e provare a essere credibile dicendo che «la mia unica preoccupazione siete voi».
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