Parigi - Un referendum per fermare i gilet gialli: in 58.600 si sono mobilitati sabato per il dodicesimo fine settimana consecutivo, secondo il ministero dell'Interno. Macron prova dunque a riequilibrare la democrazia rappresentativa dando voce a quella partecipativa. Fa filtrare l'ipotesi di un «referendum segreto», svelato dal Journal du Dimanche. Dovrebbe tenersi il 26 maggio, lo stesso giorno del voto europeo. Ma quali saranno i quesiti? Per il JDD, almeno due: «Dobbiamo ridurre il numero dei parlamentari?»; «Bisogna limitare il cumulo dei mandati?». Il gran dibattito nazionale lanciato il 15 gennaio dall'Eliseo per ascoltare i sindaci e leggere i «quaderni delle lamentele» ha prodotto finora ben poco. I gilet gialli continuano a scendere in piazza nonostante le temperature e Macron ha in agenda una tre giorni di «consultazioni» con i leader politici da oggi a mercoledì. La crisi è tutt'altro che risolta.
Il presidente punta soprattutto a evitare un'elezione «ghigliottina», cioè un voto europeo semplicemente pro o contro Macron. Il referendum potrebbe mettere tutti d'accordo, maggioranza e opposizioni. Compresa Marine Le Pen, che però denuncia: «Una manovra per distogliere l'attenzione dalle questioni europee in cui Macron difende posizioni minoritarie nel Paese». L'onda gialla da due mesi e mezzo chiede le dimissioni dall'Eliseo e lo scioglimento dell'Assemblea nazionale, ma da dicembre rivendica un Referendum di iniziativa civica (Ric) che permetta ai cittadini di proporre una legge. Un germe di riforma costituzionale attraverso quesiti multipli potrebbe perciò disinnescare il rischio di "ghigliottina" elettorale. Il ministero dell'Interno ci sta già lavorando: «Pronti a ogni eventualità». Il referendum farebbe passare le europee in secondo piano?, ci si interroga. «Credo nel referendum in democrazia - dice il presidente della Repubblica -.
Parte della crisi che stiamo vivendo è legata a un conflitto di legittimità tra democrazia diretta e rappresentativa che ha preso piede tra il 2005 e il 2007», cioè dal rifiuto della Costituzione Ue al Trattato di Lisbona. «Ha dato la sensazione che le élite ne sapessero più delle persone e che, in sostanza, i decisori potessero organizzarsi per modificare la volontà della gente».
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