Povera Hillary, la donna più ambiziosa, meno amata e più sventurata d'America: era un grande avvocato di Chicago e faceva soldi a palate ma venne morsa dalla tarantola della politica dopo aver fatto squadra (e famiglia) con un ragazzone biondo e ambizioso dell'Arkansas, figlio di una sciampista di Little Rock e di un padre che poi era scappato a gambe levate. Clinton fu il suo secondo marito. Quindi né Bill Clinton è un Clinton, né sua moglie Hillary che per tutti gli americani è Mrs Clinton. E ora questa finta Clinton nata Rodham si trova davanti a una maledizione divina, l'ennesima, che fa sussurrare ad americani e non, l'ironico e compassionevole «povera Hillary». Capitano tutte a lei, per ultima una maledetta polmonite proprio sul più bello il più duro degli scontri per vincere la Casa Bianca.
La sua è una storia costellata di insuccessi planetari. Come First Lady è stata dopo Jacqueline Kennedy la moglie più tradita alla Casa Bianca. Non si tratta soltanto della patetica storia della stagista Monica Lewinsky, di pronto e basso impiego nello Studio Ovale, ma di una serie di funzionarie, visitatrici, figlie di ex vicepresidenti che si alternarono nel letto di Mr President, mentre altre aspettavano il loro turno in portineria sotto i vigili occhi del servizio segreto.
Hillary non ci mise molto a capire che cosa succedeva in casa sua, sia pure bianca, e fece la sua scelta moralmente discutibile e certamente poco femminista: graziò il marito per tutte le corna ricevute salvando così il matrimonio, ma imponendo a Bill il ruolo di suo sponsor per arrivare lei alla Casa Bianca, stavolta come numero uno.
Entrò al Senato e votò con entusiasmo le guerre di Bush, sia quella in Afghanistan che quella maledetta in Irak da cui ormai fuggono tutti con dichiarazioni retroattive molto ipocrite, compreso Donald Trump che nega di averla sostenuta. Come senatrice dello Stato di New York è stata una parlamentare scolorita, benché si sia battuta, fin da quando era First Lady, per una riforma sanitaria di tipo burocratico europeo, attività proseguita senza risultati durante i due mandati di Barack Obama.
Poi i quattro anni come ministro degli Esteri durante i quali più che farsi le ossa ne ruppe con una serie di errori e sventure. Il fattaccio più grave avvenne a Bengasi in Libia dove il console americano fu ucciso durante un attacco terroristico annunciato. Fu uno dei momenti più terribili per gli americani che non concepiscono l'idea che un loro diplomatico possa essere sbranato davanti alle telecamere. Lei si è difesa sempre scaricando la colpa sui subalterni o sul destino cinico e baro. Intanto si faceva strada l'ipotesi, o il pettegolezzo, che la pupilla di Obama, che si sarebbe certamente presentata per la corsa finale alla White House, aveva un Parkinson allo stato iniziale. Perdeva un po' troppo l'equilibrio, talora si muoveva a scatti e la sua faccia assumeva espressioni esageratamente attonite.
Aveva ed ha un caratteraccio infernale che accuratamente descrisse l'ex presidente Richard Nixon poco prima della sua morte. Nixon era diventato amico di Bill e lo coccolava come se fosse il suo mentore. A lui, repubblicano, piaceva quel giovanotto loquace e decisionista di origine democratica. Chi non gli piaceva affatto era quella moglie: «Una donna meschina e intrigante, arrivista e senza scrupoli, che cerca di condizionare il marito ed è anche piuttosto maleducata con me». Nixon andava spesso a cena alla Casa Bianca passando per un tunnel riservato agli ospiti non ufficiali.
Infine lo scandalo delle decine di migliaia di email riservate e segrete, o diventate segrete in seguito, che con leggerezza Mrs Clinton ha spostato sul suo server privato di posta esponendo, come ha riconosciuto l'Fbi, la sicurezza del Paese a sguardi
più che indiscreti.Sembrava l'ultima delle disgrazie che le potesse capitare di fronte ad un Trump in ripresa e invece il peggio doveva ancora venire con questa polmonite che rischia di metterla fuori dal gioco politico.
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