La gaffe al seggio di domenica resterà appiccicata ad Alessandra Moretti come un marchio d'inettitudine. Il sorrisino stiracchiato mentre rientra nella cabina elettorale per sistemare la scheda piegata male è l'immagine simbolo, oltre che di una fallimentare campagna elettorale, soprattutto degli errori di supponenza commessi da Matteo Renzi nello scegliere le candidature. Alessandra Moretti, che del Veneto conosce gli estetisti meglio degli elettori, e Raffaella Paita dovevano essere le facce nuove del renzismo nelle amministrazioni locali di Veneto e Liguria, le donne che rottamavano la Ditta e la Casta e inauguravano una nuova stagione di vittorie.
Di questa sciagurata campagna elettorale di Ladylike Moretti rimangono tre numeri: i 579 comuni visitati invano dall'ex portavoce di Bersani, il 22,7 per cento strappato alle urne e il misero 16,7 per cento della lista Pd. Un abisso dalla profondità mai toccata: cinque anni fa, con un candidato non organico al partito come Giuseppe Bortolussi, il Pd si era ancorato al 20,3. Non le è bastato cercare di cambiare la sua immagine un tantino supponente e distante dalla gente. A nulla è servito il tentativo di far dimenticare la gaffe di qualche mese fa sullo stile Ladylike che dovrebbe predominare tra le donne Pd: «Brave, belle, intelligenti», assidue alla manicure più che nelle sezioni di partito, mica come la Rosy Bindi che «mortifica la bellezza» e «la capacità di mostrare un volto piacente». Non è servito a nulla ingaggiare la società Dotmedia di Firenze, la stessa che aveva aiutato Renzi a insediarsi a Palazzo Vecchio.
I guru dell'immagine hanno costretto la Moretti a peregrinare nel Veneto con un furgone Ford in comodato gratuito come un muratore stagionale e a presentarsi sempre in jeans, camicetta bianca e capello corto. Che stress per una quarantenne rampante salita da Vicenza a Roma a Bruxelles e nuovamente piombata nella terra promessa leghista per una missione impossibile.
Alessandra Moretti ha anche tenuto un diario su Youtube delle sue gesta quotidiane per avvicinare il mondo degli internauti che non frequentano piazze e mercatini. In rete si trovano le indimenticabili perle di questo mese: il rimbrotto del presidente di seggio per la scheda a rischio invalidità; la firma al manifesto per i diritti gay dopo aver sottoscritto gli impegni a favore della famiglia naturale; lo slogan «Il coraggio di cambiare» preso pari pari da una candidata sindaco vicentina; il suggerimento ai pensionati ad accogliere in casa un immigrato per arrotondare la minima con i 35 euro della diaria; la proposta di uno sportello unico anti-burocrazia che in realtà esiste già. Fino all'ultimo clamoroso scivolone, un tweet in cui Alessandra profetizzava «faremo un 7-0 e quello del Veneto sarà il golden goal».
Non è valso a nulla nemmeno il soccorso rosso di Matteo Renzi, calato due volte in Veneto, e delle ministre piddine Boschi, Pinotti, Madia più la vicesegretaria Debora Serracchiani a supporto.
Tutto inutile, Alessandra Moretti ce l'ha messa tutta per perdere. Da eurodeputata Pd a capo dell'opposizione a Luca Zaia, un governatore con oltre il 50 per cento. Finalmente avrà tutto il tempo necessario per consegnarsi alla visagista.SFil
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