Francesca Angeli
Roma Maxiserrata dei camici bianchi. Lo sciopero dei medici ospedalieri ieri ha paralizzato le sale operatorie e circa 40.000 interventi sono stati rinviati. La posta in gioco è altissima dicono i sindacati sul piede di guerra. Si tratta di decidere della sopravvivenza del nostro sistema sanitario nazionale. Una mobilitazione di massa che non si vedeva da anni, l'adesione allo sciopero è stata dell'80 per cento con punte del 95 per cento in tutta Italia. Dunque ieri è stato un black friday, un venerdì nero pure per la sanità pubblica.
I nodi da sciogliere sono tanti: il contratto, i finanziamenti del fondo sanitario nazionale, il rispetto dei tetti orari settimanali puntualmente superati e per quali il nostro paese ha più volte subito il richiamo dell'Europa. Il successo dello sciopero è servito sicuramente a scuotere il governo che al momento ha ribadito promesse che però dovranno concretizzarsi subito, avvertono i medici.
Occorre più che raddoppiare le borse per le specializzazioni ferme a 900 mentre ne servono almeno 2.000. Inutile insomma sfornare laureati se poi devono aspettare due o tre anni per entrare in una scuola di specializzazione. Specialmente nei prossimi cinque anni lungo i quali si prevede un'uscita massiccia per i pensionamenti della generazione del baby boom, circa 45.000 in uscita senza possibilità di sostituzione. Senza contare che oramai l'età media dei medici è circa 55 anni dunque un ricambio è urgente.
Sul contratto i nodi da sciogliere sono tanti: lo sblocco della retribuzione accessoria, l'incremento dell'indennità di esclusiva. Cruciale il ruolo delle regioni ma i sindacati di settore, spiega il segretario generale di Anaao Assomed, Carlo Palermo «non vogliono restare incastrati nella partita tra Mef e regioni» che ruota intorno alla attribuzione del miliardo di euro da destinare al rinnovo del contratto.
Il ministro della Salute, Giulia Grillo, ha incontrato i sindacati assicurando che le risposte arriveranno subito già nella Manovra.
Il nodo cruciale è proprio quello delle risorse. Ma le regioni si aspettano che sia il governo a trovare quanto occorre. «Indispensabile un aumento consistente del fondo sanitario nazionale», dice l'assessore regionale alla Sanità Antonio Saitta.
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