Migranti, energia e conflitti tra Paesi Il Mediterraneo può essere la risorsa

Risolvere le divisioni per il bene di tutti, come la contesa Libano e Israele per i giacimenti. L'esperto: «Oggi fair share è possibile»

Migranti, energia e conflitti tra Paesi Il Mediterraneo può essere la risorsa

Lo stiamo vedendo in questi giorni sia con la questione migranti, che continua a trascinarsi tra soluzioni estemporanee per insufficienza di accordi ufficiali, e con l'instabilità endemica in Medio Oriente, dove le risoluzioni dei conflitti risultano lente, macchinose, e dolorose: il Mediterraneo è sempre più cruciale -che lo vogliamo o no-, e non si possono continuamente rimandare soluzioni politiche e diplomatiche in un'area del mondo così vicina all'Italia, e così critica. Il Mediterraneo ha sempre più bisogno di stabilità, per la sicurezza e lo sviluppo di tutti i paesi che vi si affacciano.

La questione mediterranea è stata al centro del Forum dell'energia di Atene, che si è concluso qualche giorno fa e che ha coinvolto una quantità di operatori che giocano la difficile partita energetica dell'area. Se abbiamo una Grecia che esce dal suo periodo di «lacrime e sangue» e si affaccia sullo scacchiere mediterraneo carica di speranze rinnovate, d'altra parte persistono molti elementi preoccupanti: la guerra senza fine in Siria, la nuova contrapposizione tra Usa e Iran (col concorso non sempre pacifico di Israele e dei Sauditi), la posizione ambigua della Turchia, colpita dalle sanzioni Usa, e il ruolo crescente, ma ancora non ben definito, della Russia. Anche dal punto di vista energetico la situazione è decisamente in evoluzione. Dal Tap (Gasdotto trans mediterraneo), alle nuove linee energetiche, come il progetto East Med Gas Pipeline, che dovrebbe partire dall'Egitto, passare dalla Grecia, e collegarsi con la rete europea in Piglia, il comparto energia fa la sua parte per portare investimenti e sviluppo. Non fosse per le divisioni politiche, che, anche qui, continuano a creare parecchi problemi. Ad esempio, i conflitti di attribuzione per quanto riguarda i giacimenti petroliferi e di gas offshore sono decine. Colpa di confini marittimi non ben delineati e annose dispute diplomatiche, che a volte prendono la forma di piccole guerre fredde, e che si protraggono all'infinito. Nel Mediterraneo ci sono ben 95 confini marittimi, di cui solo 31 definiti. Gli altri 64 sono oggetto di contese, ha notato al Forum Roudi Baroudi, veterano dell'impresa energetica. Baroudi, Ceo della Energy and Environment Holding, società di consulenza indipendente con sede a Doha, in un intervento di apertura molto seguito ha posto l'accento sul dolente leitmotiv che frena il Mediterraneo. Si prenda ad esempio la contesa tra Libano e Israele per i giacimenti off shore. Impossibile accedere alle fonti energetiche in un'area che formalmente ognuno degli attori rivendica come propria. «Eppure -sostiene Baroudi, grazie alle nuove tecnologie, applicate alla legislazione marittima, siamo in grado di superare l'inconveniente. Si può rivedere la disciplina delle concessioni in base a nuovi dati sull'impatto che avrebbero in termini di rendimenti per i paesi concorrenti. La situazione è risolvibile con un po' di diplomazia, e senza ricorrere a conflitti» precisa. La possibilità di addivenire a un «fair share» nell'area non solo aiuterebbe le economie dei due paesi coinvolti, ma soprattutto determinerebbe, a cascata, un alleggerimento delle altre contese energetico/territoriali nell'area, come quelle tra Cipro, Turchia, e Grecia.

«Il fatto che due popoli tradizionalmente in conflitto diano l'esempio per la risoluzione del conflitto sarebbe di stimolo per tutti gli altri, nella direzione di una cooperazione pacifica». Che è quello che serve, in un momento critico, a tutta l'area mediterranea.

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