Muore carbonizzato in cella a 18 anni

L'incendio appiccato dal compagno per protesta. Non doveva stare in carcere

Muore carbonizzato in cella a 18 anni
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Una storia infinita di disagi, tribolazioni e tragedie quella delle carceri milanesi. Prima il Minorile, il Beccaria, con l'inchiesta sulle violenze ad aprile e tutti gli episodi «reazionari» che ne sono seguiti. Adesso San Vittore dove giovedì, intorno a mezzanotte, un ragazzo egiziano di appena 18 anni è morto carbonizzato per un incendio divampato nella cella dove era detenuto insieme a un compagno. Al primo a rendere noto questo dramma è stato ieri mattina con un comunicato il segretario generale del sindacato Uilpa, Gennarino De Fazio. La vittima si chiamava Joussef Baron Moktar Loka, era nato in Egitto il 5 febbraio 2006 ed era in custodia cautelare per rapina in attesa di giudizio. Il suo compagno di cella è riuscito a mettersi in salvo grazie all'intervento particolarmente tempestivo degli agenti della polizia penitenziaria che lavorano nella casa circondariale. Gli stessi agenti purtroppo non sono riusciti a salvare il povero Joussef che, svenuto per il fumo nel bagno della cella dove aveva cercato riparo dalle fiamme, è caduto contro la porta rendendo particolarmente difficoltoso e prolungato l'ingresso ai soccorritori.

Durante la notte la cella è stata esaminata dalla polizia scientifica della questura di Milano che è stata avvertita dell'accaduto ed è arrivata in carcere intorno all'una e trenta. Attraverso una serie di verifiche realizzate per ricostruire esattamente l'accaduto - e durante le quali si è esclusa la possibilità di un tentativo di suicidio, paventata in un primo tempo - si è scoperto che le fiamme sarebbero state appiccate dal compagno di cella del morto, il ragazzo che si è salvato e che l'altra sera avrebbe dato inizio a tutto dando fuoco alle coperte in segno di protesta. Il rogo poi avrebbe avvolto il materasso creando un vero e proprio incendio nella piccola cella che il giovane piromane probabilmente non si aspettava. Un punto fermo, questa ricostruzione della vicenda. In base alla quale la Procura di Milano, con il pm di turno Carlo Scalas, ha aperto un fascicolo iscrivendo tra gli indagati il giovane sopravvissuto, ora accusato di omicidio colposo.

La verità, tristissima, è che Joussef Baron non doveva trovarsi a San Vittore. Il ragazzo infatti era stato assolto due volte per altrettante rapine dal Tribunale dei Minorenni per incapacità totale di intendere e di volere, dopo che la perizia aveva rilevato una lunga serie di disturbi psichiatrici, dichiarandolo incompatibile con il carcere. L'avvocato Monica Bonessa, che ha seguito il ragazzo fino al compimento del 18esimo anno, ci ha spiegato ieri che con l'assoluzione i giudici avevano disposto l'applicazione della misura di sicurezza della comunità terapeutica. Nella perizia dell'ottobre 2023 si legge che i dati clinici acquisiti «permettono di concludere per la necessità di cura di un contesto altamente protetto che assicuri condizioni di cura integrate in cui è da ritenersi essenziale un'adeguata terapia farmacologica». Il suo attuale legale, Marco Ciocchetta, aveva chiesto al gip di acquisire la perizia psichiatrica e proprio poco prima che morisse aveva ricevuta la fissazione della data del processo immediato.

Bonessa non riesce a darsi pace per la terribile di Joussef: «La perizia psichiatrica ha evidenziato un vizio totale, non poteva stare in carcere, ma per lui non abbiamo posto nelle comunità terapeutiche anche con un provvedimento d'urgenza e nemmeno in un qualunque ospedale.

Il suo caso lo avevamo a cuore e con l'Ussm (i servizi sociali per i minorenni per i minori autori di reato) del carcere Beccaria abbiamo fatto di tutto per aiutarlo. In questi anni è stato in almeno 5 comunità diverse, dall'ultima è scappato quest'estate e da allora viveva in strada dove ha commesso l'ultima rapina».

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