Una norma di buonsenso diventata vittima dell'antiberlusconismo che, anche nell'epoca di Matteo Renzi, è la vera cifra genetica del Partito democratico e della sinistra italiana. Anche se, a dire il vero, la confusione che si è generata nello scorso weekend tra il Tesoro e Palazzo Chigi è stata scatenata da una persona apparentemente insospettabile come il sottosegretario all'Economia, Enrico Zanetti di Scelta Civica, un sedicente liberale che ha scatenato l'inferno per una norma che non aveva avuto la sua approvazione, non certo quella del titolare Padoan.
Ma che cos'è questo articolo 19-bis del decreto che recepisce la delega fiscale che tanto ha fatto sobbalzare i cuori degli antiberlusconiani di tutta Italia? È semplicemente una norma che stabilisce una franchigia del 3% sull'imposta del valore aggiunto o sull'imponibile dichiarato per la procedibilità penale per chi si macchia del reato di frode fiscale. Apparentemente, e solo apparentemente, non vi sarebbe nulla di male: in pratica, si stabilisce un tetto, nemmeno troppo elevato, che evita il carcere a chi viene «beccato» a evadere le imposte.
Il problema è che quando c'è Silvio Berlusconi di mezzo tutte le norme devono per forza diventare contra personam . Il Cavaliere, infatti, è stato condannato con sentenza passata in giudicato per frode fiscale nel processo Mediaset. Il dispositivo contesta 4,9 milioni di reddito non dichiarato su 397 milioni nel 2002 (pari all'1,2%) e 2,4 milioni su 312 (0,7%) nel 2003. L'articolo 2 del Codice penale prevede il favor rei , cioè la non punibilità per un reato depenalizzato da una legge «posteriore», cioè successiva. Circostanza rafforzata dalla fattispecie fiscale delle contestazioni all'ex presidente del Consiglio e leader di Forza Italia. In teoria - e solo in teoria - gli avvocati di Berlusconi avrebbero potuto richiedere l'«incidente di esecuzione» alla Corte di Appello, la revoca della condanna e la decadenza degli effetti della legge Severino (applicata retroattivamente al Cav) che ne hanno determinato decadenza e ineleggibilità.
È bastato questo per scatenare un putiferio e costringere Matteo Renzi alla marcia indietro visto che i dietrologi di professione si stavano scatenando nel desumere chissà quali indicibili compromessi dall'accordo politico tra i due leader, noto come Patto del Nazareno. Ebbene sì, l'antiberlusconismo in Italia è vivo e lotta ancora.
Ma poiché gli indignati in servizio permanente effettivo sono sempre pronti a citare gli esempi stranieri che fanno loro più comodo, vale la pena di accennare a ciò che prevede la legislazione straniera in casi simili. È solo un paragone ed è di teoria che qui si parla. Ad esempio, la civilissima Germania dallo scorso primo gennaio ha introdotto una nuova normativa per evitare di incorrere nelle sanzioni penali della frode fiscale relativa all'Iva. Basta autodenunciarsi e versare una quota del dovuto: per evasioni superiori a un milione di euro il 20% dell'importo cui successivamente seguirà il saldo.
Poiché il processo Mediaset riguarda una supposta frode fiscale riguardante diritti tv acquistati mediante società estere, anche in questo caso l'esempio tedesco torna utile. Per importi superiori ai 50mila euro, anche in questo caso, basta l'autodenuncia e il pagamento del 5% delle imposte evase.
Anche i severissimi Stati Uniti, generalmente intolleranti nei confronti degli evasori, non prevedono la reclusione a fronte del pagamento del 50% del dovuto sopra i 100mila dollari. Le soglie esistono anche all'estero, la persecuzione invece no.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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