Politica

Il Nobel agli «orologiai» del corpo

Le loro ricerche accolte all'inizio con scetticismo. Ora la rivincita

Sara Mauri

L'uomo è un essere vivente adattabile. Il suo organismo non subisce impassibile i cambiamenti ambientali, si adatta alle condizioni che trova, spesso le anticipa.

Questa capacità di adattamento ha contribuito alla sua resilienza, alla sua evoluzione, alla sua sopravvivenza. Quel ritmo circadiano, che viene dal latino circa diem è quel ritmo che ci fa svegliare anche senza sveglia, è quel ritmo che ci fa venire fame a una determinata ora, quel ritmo che scandisce le nostre giornate. Ma se oggi sappiamo queste cose è perché degli scienziati le hanno scoperte.

La storia di queste scoperte risale al XVIII secolo. Il primo ad accorgersi che in natura esistevano dei ritmi interni alle piante è stato Jean Jacques d'Ortous de Marain. Nel 1729, nota che le piante di mimosa aprono e chiudono le foglie a seconda della luce che ricevono. Quindi, decide di provare a cambiare i ritmi alle piante, variando i momenti del giorno e della notte: Jacques lascia le mimose al buio e rimane ad osservare. Osservando le piante al buio, scopre che queste mantengono il loro ciclo: le foglie si aprono e si chiudono, nonostante l'assenza di luce. C'è qualcosa all'interno delle piante: qualcosa che riesce a scandire il tempo, nonostante tutti i riferimenti al giorno e alla notte siano stati eliminati. È una sorta di orologio biologico. E questo orologio non incide soltanto sui ritmi delle piante: incide sui ritmi di tutti gli esseri viventi, compreso l'uomo.

Il nostro orologio biologico scandisce i cicli: dal funzionamento della sua regolazione dipendono i cicli circadiani. Normalmente, i cicli durano 24 ore.

Per vedere progressi scientifici negli studi sui ritmi circadiani, dobbiamo arrivare agli anni '70. Seymour Benzer e Ronald Konopka, studiando i ritmi circadiani dei moscerini della frutta, riescono a dimostrare che mutazioni genetiche possono interrompere i ritmi: esiste un gene che induce i cicli. È il gene «Period».

Solamente nel 1984, però, Jeffrey C. Hall e Michael Rosbash (Università Brandeis di Boston) e Michael W.Jung (Università Rockefeller di New York), riescono ad isolare «Period»: è un risultato fantastico per la scienza. I biologi Usa Hall, Rosbash e Yung, poi, arrivano anche a scoprire in che modo il gene Period riesce a modificare i cicli circadiani: esiste una proteina, la proteina «PER», che viene accumulata durante la notte e che viene smaltita di giorno.

Si tratta della proteina responsabile dei ritmi notte/giorno.

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