Omicidio Matilda senza il killer. Assolto anche l'ex della madre

Cade l'accusa nei confronti di Antonio Cangialosi. Dopo 11 anni la morte della bimba non ha colpevoli

Omicidio Matilda senza il killer. Assolto anche l'ex della madre

Vercelli - Chi ha ucciso la piccola Matilda, la bambina di 22 mesi morta per delle violente lesioni sul corpo, mentre era in casa con la mamma e il suo compagno? Dopo 11 anni, la giustizia italiana non solo non è ancora riuscita a trovare un colpevole, ma addirittura ha scagionato le uniche due persone che erano con la bimba nei suoi ultimi minuti di vita. E così il suo omicidio resta senza un colpevole. Perché se sono giuste le perizie mediche che hanno stabilito che Matilda è morta per delle violente percosse - probabilmente un calcio - e non per morte naturale, qualcuno deve pur essere stato. Il giudice Fabrizio Filice ha assolto per non aver commesso il fatto Antonio Cangialosi dall'accusa di omicidio preterintenzionale di Matilda Borin, uccisa nel luglio 2005 a Roasio, nel Vercellese. All'epoca dei fatti era il compagno della madre, Elena Romani.

«Abbiamo vissuto questo momento con grande difficoltà umana e psicologica - ha detto Andrea Delmastro, l'avvocato di Cangialosi -. Adesso dobbiamo avere il tempo di metabolizzare». Increduli, invece i legali di Elena Romani, la mamma di Matilda, Roberto Scheda e Tiberio Massironi: «Non condividiamo questa sentenza, ma la rispettiamo. Certamente tra 60 giorni prenderemo nota delle decisioni che la accompagnano e ricorreremo in Corte d'Assise d'Appello». Otto anni era la richiesta di condanna del procuratore Paolo Tamponi per Cangialosi. Dopo l'assoluzione in tre gradi di giudizio della mamma della bimba e dopo che la Cassazione ha annullato il non luogo procedere, ora, a processo con rito abbreviato con l'accusa di omicidio preterintenzionale, era finito il suo ex compagno. Cangialosi, infatti, era l'unico in casa con la mamma e la bambina nella villetta di Roasio quando a Matilda è stato sferrato il colpo che poi ne causò la morte.

La procura di Vercelli ha seguito la tesi con cui Elena Romani è stata assolta in corte d'Assise, ossia le lesioni sulla figlia sarebbero state provocate quando la bimba è rimasta con Cangialosi mentre la Romani stendeva il bucato. L'uomo ha dichiarato che la piccola si era spostata in corridoio, di averla presa in braccio e messa sul divano. Senza che lei si lamentasse. Un quadro impossibile secondo la procura: le fratture alle costole della piccola riscontrate dall'autopsia le avrebbero causato dolori e pianti. Pianti dei quali Cangialosi non ha mai riferito: la procura quindi escludeva che il colpo mortale fosse stato inferto prima che l'uomo e la bimba rimanessero soli. Accuse che l'avvocato Andrea Delmastro, che insieme al padre Sandro ha sempre rappresentato Cangialosi in tribunale, ha rigettato sin da subito: «Siamo convinti che non ci sia un quadro indiziario a carico del cliente».

Sono comunque pronti a continuare la loro battaglia i legali della mamma e della sua famiglia - Scheda e Massironi - che spiegano: «Il peccato originale - diceva Scheda pochi giorni fa - è che Cangialosi e Romani non siano stati rinviati a giudizio insieme».

Quando, nel 2005, nella villetta di Roasio, Elena Romani chiamò l'ambulanza per sua figlia, in un primo momento si pensò che la piccola Matilda fosse morta per cause naturali, anche perché quel giorno la piccola vomitò e stette molte male. L'autopsia, però, evidenziò dei lividi e delle lesioni, considerate la causa del decesso. Da allora sono passati 11 anni e l'assassino della piccola Matilda è ancora impunito.

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