Matteo Salvini attacca (per difendersi dall'ennesima azione giudiziaria), Open Arms risponde. In mattinata, il leader della Lega ha depositato in Senato, presso la giunta per le immunità, la memoria difensiva circa il caso della nave della Ong che rischia di vederlo finire nuovamente sotto processo. Il tribunale dei ministri di Palermo – dopo quello di Catania per la Gregoretti - vorrebbe infatti processare l'ex ministro dell'Interno con l'accusa sequestro di persona per la linea del Viminale nell'agosto del 2019, quando l'allora titolare del dicastero non permise all'imbarcazione dell'organizzazione non governative iberica di attraccare ad un porto "sicuro" italiano.
Nella memoria, il segretario del Carroccio smonta una per una le accuse e mette sotto torchio il comandane di Proactiva Open Arms, accusandolo di aver fatto deliberatamente rotta verso l'Italia, ignorando le indicazioni del governo di Madrid, Paese di bandiera della nave, ed evitando di indirizzare il timone verso Malta, territorio più vicino verso il quale dirigersi per portare in salvo i migranti recuperati nelle acque del Mediterraneo.
All'affondo del segretario leghista, è arrivata a stretto giro la replica – registrata dall'Adnkronos – dei diretti interessati. Open Arms, infatti, commentando la memoria difensiva di Salvini, sostiene: "Le convenzioni internazionali sono molto chiare su questo punto, non è affatto il Paese di bandiera a dover coordinare i soccorsi ma piuttosto lo Stato nelle cui acque avviene il soccorso, il quale Stato, se anche non è in grado di assegnare un porto, deve comunque coordinare l'evento e indicare un porto sicuro, eventualmente sollecitando e coordinandosi con lo stato più vicino".
La Ong spagnola prosegue: "Sulla questione del divieto di ingresso in acque territoriali, la sospensione del Tar stabiliva l'incongruenza del divieto stesso. Non rappresentavamo alcun pericolo per la sicurezza dello Stato e ovviamente una volta stabilito questo, e concessa la possibilità di entrare in acqua territoriali, l'assegnazione di un porto sarebbe stata la conseguenza logica. Invece abbiamo dovuto aspettare giorni a poche centinaia di metri dalle coste di Lampedusa con le conseguenze fisiche e psicologiche che troviamo riportate nel provvedimento della Procura". Insomma, gli attivisti pro-immigrazione sostengono che il ministero dell'Interno avrebbe dovuto assegnare loro un porto per sbarcare.
"I nostri avvocati e il comandante dalla nave in quei giorni reiteravano dunque la richiesta di sbarco senza ottenere alcuna risposta. È proprio per questo che la Procura ha deciso di aprire un'indagine per sequestro di persona", aggiungono ancora gli iberici, che infine puntualizzano sull’operato anche dell'esecutivo spagnolo: "L'offerta di Madrid inoltre è arrivata dopo venti giorni di stallo in mezzo al mare.
Con le persone a bordo fisicamente e psicologicamente stremate avremmo dovuto affrontare altri quattro giorni di mare per far sbarcare le persone in Spagna, un'opzione inaccettabile e che avrebbe messo in pericolo le persone salvate e l'equipaggio e avrebbe violato ancora una volta i loro diritti".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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