La Normandia è la regione che vanta la più alta produzione di ostriche, circa 27mila tonnellate l'anno. Peccato che nessun francese o quasi voglia più raccoglierle per mestiere. Nel dipartimento della Mancia, circondato per tre lati dal mare, le abbondanti piogge, il clima mite e la debole industrializzazione della costa contribuiscono a renderlo un'eccellenza per l'allevamento. Peccato che le aziende locali abbiano difficoltà a reperire braccia per farlo. Dimenticate quindi l'idraulico polacco, perché qui è l'ostricoltore di Varsavia ad essere ormai di casa.
Nella terra delle ostriche c'è infatti penuria di curriculum. «Fino a cinque o sei anni fa, c'era la fila per lavorare nella nostra azienda - spiega Denis Lejeune, allevatore a Saint-Vaast-la-Hougue - oggi invece siamo noi che dobbiamo cercare personale, ma in Francia ci dicono o che il lavoro è troppo duro o che non conviene perché ha orari difficili». La soluzione? Molte aziende francesi, tra cui la sua, si rivolgono sempre più spesso ai polacchi, che accettano di buon grado. A raccontare la crisi di un mestiere considerato tra i più antichi di Francia, sono moltissimi ostricoltori della Mancia, che fornisce il maggior quantitativo di questi prodotti dell'intero Paese.
La paga è la stessa di un francese. In cambio, alloggio gratuito e uno stipendio di 1.237 euro netti al mese. La voce si è sparsa in fretta, al punto che sarebbe nato un vero e proprio ufficio di collocamento specializzato in Polonia, a cui, tramite passaparola, si rivolgono gli allevatori di ostriche francesi, soprattutto del nord. «È vero - racconta un ragazzo polacco a servizio in una delle aziende - certe volte si lavora anche 10 ore al giorno, ma si guadagna il triplo rispetto al nostro Paese e poi l'ambiente è buono», dice Kuba, 23 anni, a Le Parisien. Sarebbero tra i molluschi più semplici da recuperare, visto che crescono lungo le rocce, ma anche la raccolta è cambiata. L'azienda di Éric Pichot, sempre a Saint-Vaast-la-Hougue, si è dotata di un selezionatore automatico per ostriche. Un investimento cofinanziato dalla Regione che permette di prenderne fino a 200 tonnellate l'anno. «Vendiamo all'ingrosso e esportiamo in Italia - spiega a Ouest-France - Con quattro impiegati fissi e nove stagionali, c'è molto lavoro da fare». Ma per preservarne la qualità e osservare norme stringenti, bisogna rispettare al 100% le indicazioni dell'ostricoltore. Per esempio, orari e periodi freddi dell'anno a cui molti francesi non vogliono più piegarsi.
«Mai visto prima - dice Lejeune a Le Parisien - i miei genitori hanno aperto l'azienda nel '79 e ricevevamo candidature spontanee. Oggi è diverso, tempo due giorni e i francesi ti dicono che non fa per loro». Così, di quattro impiegati a tempo determinato della sua azienda a conduzione familiare, tre sono polacchi. «Un vicino, lo scorso inverno, si è rivolto a un agente polacco che gli ha proposto i dipendenti, si è trovato bene e io ho fatto lo stesso».
Insomma, se Luigi XIV si faceva recapitare le ostriche a Versailles dal villaggio bretone di Cancale, chiunque sia l'ordinante sappia che senza i raccoglitori polacchi nel nord della Francia le migliori resterebbero forse in mare. Specie nei seicento chilometri di costa della Normandia, dove maree e correnti assicurano un continuo ricambio.
Ma perché la manodopera francese qui è diventata così rara? «Industrie e cantieri navali offrono formazione e prospettive stimolanti nella Regione - fanno sapere da Pôle emploi - anche a personale non qualificato, che quindi non si orienta più verso mestieri come l'ostricoltore o il giardinaggio».
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