Una trincea di slogan divide la popolazione di Dolus, il più grande comune a sud dell'isola d'Oléron, con 2900 ettari di boschi, vigneti e frutteti, porti di ostriche e spiagge di sabbia. Bisogna schierarsi: con le ostriche o con gli hamburger. Con chi ha ceduto un terreno a McDonald's per aprire un McDrive in mezzo all'isola, oppure con il sindaco, che si oppone strenuamente per difendere la specialità autoctona e principale fonte di reddito e alimentazione della seconda isola di Francia dopo la Corsica, al largo della costa atlantica.
Il fortino ideologico messo in piedi dal sindaco contro il «cibo spazzatura» ha prodotto decine di attivisti. In strada con magliette per ribadire il «no», invitano a schierarsi contro l'arrivo degli hamburger, scomodano slogan del '68, fotografano le porte d'ingresso di Dolus-d'Oléron con le insegne «Commune sain» e «Territoire Bio» sotto il cartello di benvenuto rilanciandole in rete. Grégory Gendre, il primo cittadino di sinistra di questo villaggio di 6mila abitanti, che diventano 300mila ad agosto, si trincera dietro il no pasarán e chiude un occhio sugli episodi di vandalismo nelle case dei pro «McDo». L'ultima scritta spray recita: «Qui vive un coglione».
Nel 2013 iniziano le discussioni tra McDonald's e il comune. Un anno dopo, l'ex militante di Greenpeace viene eletto sindaco con una promessa: l'insegna Mc non supererà il ponte che conduce all'isola. «Se vogliamo che i nostri nipoti possano vivere qui, in salute, dobbiamo opporci a questo simbolo», dice Gendre.
Il foro di Poitiers ha già dato torto al sindaco lo scorso autunno, costringendo al conteggio dei danni per ogni giorno di ritardo di inizio lavori: 300 euro ogni 24 ore di stand by. Moltiplicato per dieci mesi, la cifra sfiora già i 90mila euro di multa. Non c'è infatti una legge anti-McDonald's, in Francia. Ma fermare la cocciutaggine di alcuni isolani sembra davvero arduo. Ci prova via Facebook quella parte di popolazione favorevole, spiegando sul gruppo «Per l'apertura del McDonald's di Dolus d'Oléron» che il sindaco rinuncia a 38 posti di lavoro permanenti e a 30 stagionali promessi dalla catena di fast food: non per salvaguardare l'alimentazione dei cittadini, ma per principio.
Ne vale la pena?, si chiede Stéphane Raimbault, candidato alle prossime elezioni municipali, che invoca la «liberté» come comandamento: «Se le persone vogliono mangiare troppo grasso, troppo zucchero o sale, è un loro problema, il sindaco fa una battaglia persa in partenza che produce un enorme danno finanziario» alla cittadina.
Dietro la battaglia si cela appunto la tornata elettorale 2020. Un altro dolusiano favorevole al fast food è infatti Philippe Villa, ex vicesindaco oggi all'opposizione. È lui ad aver concesso un terreno alla multinazionale. Parla di 250mila euro di introiti persi, ma dopo quasi un anno di carte bollate si dice ottimista: «Il vento sta cambiando». Sui mille metri quadrati nascosti in una zona commerciale ipotizza che il McDrive abbia sembianze dell'isola: «L'architettura del ristorante sarà rispettosa dell'immagine oléronense, una capanna di ostriche con pareti in legno e un tetto di tegole inclinate».
Un affronto, insistono gli oppositori.
La decisione dei giudici d'appello è attesa tra un paio di settimane. A quasi 20 anni da quando il contadino José Bové fece notizia in tutto il mondo per aver distrutto un McDonald's nel sud della Francia nel 1999 nella patria del formaggio Roquefort.
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