Padoan toglie i superticket per riagganciare i bersaniani

Il ministro promette 600 milioni alla sanità e sulle tasse annuncia un giro di vite contro l'evasione

Padoan toglie i superticket per riagganciare i bersaniani

«Il sistema sanitario è l'ambito in cui andranno valutate misure di miglioramento e efficientamento». Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, intervenendo ieri in aula al Senato durante l'esame della nota di aggiornamento al Def, ha dato il proprio personale contributo all'opera di ricucitura con i riottosi bersaniani proponendo una misura di spesa che possa accontentare in qualche modo Mdp.

È chiaro che la polemica politica attuale prescinde dal merito tecnico e, soprattutto, dall'attenzione al bilancio dello Stato, ma è altrettanto chiaro che il titolare del Tesoro ha messo sul piatto circa 600 milioni di euro. L'abolizione del superticket su analisi ed esami cui fa riferimento la risoluzione di maggioranza, infatti, costa circa questa cifra anche se ogni anno vi sono destinati a bilancio 850 milioni di euro (la spesa finale è inferiore perché alcuni, vista la minima differenza di prezzo si rivolgono alla sanità privata). Ed è soprattutto indicativa di come, in una manovra da 19,6 miliardi di cui 15,7 miliardi sono destinati alla sterilizzazione elle clausole di salvaguardia sull'Iva, il ministro dell'Economia si sia conservato un margine di discrezionalità «politica» per agevolare il passaggio alle Camere. Non basterà a evitare il solito assalto alla diligenza visto gli appetiti delle formazioni di maggioranza che pretendono qualcosa di spendibile durante la campagna elettorale. Ma tant'è.

Basti pensare che la lista della spesa della risoluzione di maggioranza, oltre al superticket, comprende «un incremento delle risorse in conto capitale per gli investimenti in sanità», la proroga della riduzione della cedolare secca al 10% sugli affitti abitativi con possibile estensione anche alle locazioni non residenziali, «politiche di sostegno alle famiglie». È chiaro che il «tesoretto» che Padoan s'è tenuto da parte e che si dice ammonti a circa un miliardo di euro non sarà sufficiente. Ecco perché la stessa risoluzione strizza l'occhio a «misure che accrescano la fedeltà fiscale e comprimano i margini di evasione ed elusione», ovvero all'inasprimento del Grande fratello fiscale su cui al momento poggiano 5,1 miliardi di maggiori entrate.

Confedilizia ha espresso soddisfazione per l'attenzione al mondo della proprietà immobiliare ricordando che l'evasione tributaria è diminuita del 42% dall'introduzione della cedolare secca e che tra il 2010 ed il 2015 il tax gap (cioè l'ammontare evaso) è passato da 2,3 a 1,3 miliardi di euro. Ma per un'associazione che coglie segnali positivi di sensibilità ve ne sono altre il cui giudizio resta sospeso. Trattasi di Confindustria il cui presidente Vincenzo Boccia ha sottolineato la propria preoccupazione «per una deriva verso una politica solo di domanda e non di potenziamento della competitività delle imprese». I soli 338 milioni ufficialmente destinati al taglio del cuneo (il capitolo imprese assorbe circa 600 milioni di maggiori spese) non rappresentano un valore entusiasmante, ma il clima pre-elettorale sconsiglia a tutti fughe in avanti e rotture improvvise.

Anche Rete Imprese Italia, guidata dal dg di Confcommercio Francesco Rivolta, ha incontrato il viceministro dell'economia, Enrico Morando. Il mancato aumento dell'Iva, per ora, è l'unico dato positivo. Per il resto si vedrà.

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