"Patologia devastante da cui si può guarire Ma lo sforzo è enorme"

"Patologia devastante  da cui si può guarire Ma lo sforzo è enorme"

Alessandra Graziottin (nella foto), presidente dell'omonima Fondazione dedicata della cura del dolore nella donna, è una grande conoscitrice della depressione. Di quella che attanaglia spesso le sue pazienti colpite dal cancro. E a lei chiediamo se sia possibile che una persona scelga di morire in una clinica per una «semplice» depressione.

«Certamente sì, si può scegliere di morire per allontanare questo spettro che rende incapaci di vedere un futuro. In pratica invece che buttarsi sotto un treno la persona sceglie di delegare l'esecuzione di una sentenza di morte a una clinica assistita».

Ma si va a morire comunque.

«Però la clinica offre la sensazione di una minore solitudine e lo stesso gesto di togliersi la vita è meno brutale».

Lei ha pazienti depressi?

«Si perché lavoro con persone che hanno il cancro e sento spesso frasi del tipo: preferisco morire, non vedo guarigione, mi butterei sotto un treno».

E come li aiuta?

«Appena un medico offre una possibilità di cura queste persone tornano ad aggrapparsi alla vita con ogni mezzo».

Ma allora non sono veri depressi.

«Non siamo di fronte alla cosiddetta depressione fatale. In questo caso si rompe qualcosa nell'amore cosmico per la vita che fa lottare in tutte le situazioni. E queste persone spesso vivono situazioni di vita apparentemente buone ma non trovano più la scintilla dentro di se che fa amare loro la vita».

E non possono guarire o migliorare?

«Ad alcune condizioni. Dal punto di vista biologioco la depressione non è una nuvola nera sopra la testa ma è una neuroinfiammazione che colpisce la biologia del cervello. E nelle persone gravemente depresse si verificano delle lesioni anatomiche gravi in aree peculiari del cervello essenziali per la regolazione del tono dell'umore. In pratica hanno sempre lenti nere sugli occhi e vedono buio anche quando è giorno».

Ci sarà qualche cura.

«Certo, si migliora con le

terapie farmacologiche, un forte supporto psicologico e anche affettivo. È importante che la persona non si senta sola e non sia sola. Ma in caso contrario la depressione diventa un tunnel da cui è difficile tornare indietro».

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