L a frenata era nell'aria. I numeri ballerini, il malcontento all'interno del Pd per l'effetto boomerang in campagna elettorale - «rischiamo di perdere più voti di quelli che ci porteranno i nuovi italiani», il ragionamento diffuso tra i banchi di Montecitorio - il timore di spaccare la maggioranza e incassare il voto contrario dei centristi. Tutti fattori che hanno convinto il partito di via del Nazareno a mettere in pausa la legge sullo ius soli. Risultato: il Senato non discuterà della legge per la cittadinanza veloce almeno per tutto il mese di settembre.
La decisione di fermare le macchine è arrivata nella conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama. La legge sulla cittadinanza già approvata dalla Camera alla fine del 2015 a questo punto rischia seriamente di finire su un binario morto. Il provvedimento «rimane per noi un obiettivo prioritario ed essenziale», spiega il capogruppo Pd al Senato, Luigi Zanda, però «le leggi per essere approvate hanno bisogno di una maggioranza e in questo momento la maggioranza non c'è». Per il governo è la ministra per i Rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro a lasciare intuire che un nuovo tentativo potrebbe essere fatto, qualora si dovesse trovare un accordo nella maggioranza. «Sarà importante lavorare nelle prossime settimane affinché si creino le condizioni politiche per la sua approvazione». Ma Maurizio Lupi per Area Popolare ribadisce la linea del suo partito: «È una vittoria del buon senso. Sono altre le priorità del Paese».
Naturalmente c'è chi festeggia e chi a sinistra protesta e si chiede se siano soltanto le difficoltà numeriche ad aver consigliato la frenata. «Il Pd ha dovuto prendere atto che una maggioranza al momento non c'è, e crediamo che mai ci sarà. Determinante è stato il nostro costante impegno parlamentare sul tema» dichiarano Paolo Romani e Anna Maria Bernini, per Forza Italia. «Accelerare l'approvazione sarebbe stata la scelta sbagliata al momento sbagliato. Prevedere tali e tanti automatismi per l'accesso alla cittadinanza esporrebbe il Paese a una perdita d'identità e di valori, ma anche a una serie di rischi concreti». Esulta il Carroccio con Matteo Salvini: «Una vittoria della Lega. La nostra battaglia va avanti. La cittadinanza non si regala», mentre Roberto Calderoli fa notare che «non c'è maggioranza nel Paese e neppure in un Parlamento di transfughi». Giorgia Meloni invita a non dare il risultato per acquisito. «È una vittoria di tutti gli italiani che hanno fatto sentire forte la loro contrarietà alla sinistra che vorrebbe regalare la cittadinanza a tutti gli immigrati. Teniamo alta la guardia, ci proverranno di nuovo».
Critiche le forze a sinistra del Pd. «Si sta dando un alibi a chi ha cambiato opinione» dice Maria Cecilia Guerra di Mdp. Per Roberto Speranza «è una resa culturale inaccettabile».
E dentro il Pd Cecile Kyenge minaccia: «Nessun percorso politico comune e nessuna alleanza con chi non è disposto oggi a sostenere la legge», con esplicito riferimento agli alfaniani. A questo punto resta difficile capire se e quando il provvedimento sarà nuovamente calendarizzato: fra sessione di bilancio e i tanti arretrati parlamentari la strada appare in salita.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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