"Programma comune tra l'Italia e gli Emirati: nessun giallo sul drone"

Parla l'ex presidente Piaggio Aero Galassi. Che smentisce la vendita di segreti militari

"Programma comune tra l'Italia e gli Emirati: nessun giallo sul drone"

Roma - «Che qualcuno abbia scritto una missiva millantando una presunta vendita di segreti militari francamente mi fa sorridere, se non fosse che infanga non tanto il mio nome e il mio lavoro quanto le professionalità di un'eccellenza italiana e un progetto di avanguardia a livello europeo e mondiale qual è il drone P.1HH». Alberto Galassi, ex presidente di Piaggio Aero, si toglie qualche sassolino dalla scarpa dopo la rivelazione delle accuse contenute nella email che l'ex ad, Carlo Logli, aveva spedito ai proprietari emiratini dell'azienda, denunciando una violazione della legge sull'esportazione di armamenti da parte di Galassi, che oggi è a capo della holding navale Ferretti group.

Sembra che tra lei e l'ad non corresse buon sangue...

«Avevamo certo un modo di vedere diverso, è stata una convivenza difficile, ma il punto non è il motivo per cui questo signore mi ha accusato - tra l'altro on una email calunniosa di cui non voglio parlare e di cui si stanno occupando i miei legali, invece di riferire alla procura della Repubblica - il punto è l'accusa di vendita di segreti militari. Gravissima, ma assolutamente falsa».

Nessuna spy story?

«No. Il programma nasce da un accordo per lo sviluppo congiunto di un drone militare derivato da un aereo civile, sviluppo portato avanti sotto la supervisione dell'Aeronautica Militare e delle autorità emiratine. Tutto alla luce del sole. Quanto alla presunta mancanza di licenza all'esportazione, il 25 settembre 2015 l'Uama, Unità per le autorizzazioni dei materiali d'armamento, ha autorizzato l'esportazione del drone agli Emirati. Aggiungo che il processo di licenza all'esportazione prevede un iter burocratico, amministrativo e di controllo che coinvolge Farnesina, Viminale e Forze armate, e prevede consultazioni con i Paesi alleati nel rispetto della normativa internazionale. Se ci fosse stata una violazione di legge in itinere, non avremmo avuto il via libera».

Tutto regolare? Perché quelle accuse?

«Tutto regolare. Tra l'altro l'Uama nel processo di trasformazione di Piaggio Aero da azienda civile a militare ha fatto un audit per verificare la congruità dell'azienda che doveva ottenere il nulla osta di sicurezza industriale, nulla osta previsto anche per i dirigenti apicali. Insomma, c'erano gli occhi di tanti addosso. E manca una base logica per quell'accusa».

In che senso?

«Come si può pensare che si esporti un segreto militare verso un governo, quello Emiratino, che è già partner del Governo italiano e della nostra Aeronautica Militare, in quel programma di ricerca e sviluppo? Un segreto che avrebbe a che fare con il progetto per un drone frutto di un accordo tra i governi, il cui costo di sviluppo è stato finanziato interamente da Abu Dhabi. Tutto per produrre un prototipo che a oggi gli Emirati non hanno ricevuto, perché la certificazione del drone, attualmente in fase di test, è attesa a fine 2018. Se in questo quadro fossi stato capace di vendere un sedicente «segreto militare» a 174 milioni di euro guiderei un'Aston Martin e vivrei a Londra come James Bond.

E se gli emiratini avessero riscontrato le accuse di quell'email non credo che i miei rapporti con Abu Dhabi sarebbero ancora così buoni, tanto che siedo ancora nel cda del Manchester City, club di proprietà dell'Abu Dhabi United Group».

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