Roma Al tavolo dei bari è preferibile che le carte vengano «calate» e non ne resti nessuna in mano (peggio, nella manica). Bene fa perciò Forza Italia a volerle vedere nero su bianco, visto che siamo ancora al «gioco del cerino» e nessuno ha voglia di passare per colui che lo spegne prima del tempo.
Eppure, «la delicatezza dei meccanismi elettorali è tale da poter variare anche in base a pochissime parole, se non alle virgole», avvertiva ieri l'esperto azzurro in commissione, Francesco Paolo Sisto. Figuriamoci per questo Rosatellum corretto, che sarà ufficialmente presentato solo oggi. Il dato positivo è che il Pd negli incontri di ieri abbia tenuto a precisare che si tratta di proposta «aperta». Ma la puzza d'imbroglio resta, ed è forte. Il nuovo tentativo nasce dal soffuso pressing del Quirinale e, dunque, dalla voglia di Renzi di non essere tacciato di colpevole inerzia. Nell'ipotesi migliore, si punta a un'intesa con Forza Italia (non a caso ieri magnificata dal relatore Fiano come indispensabile per andare avanti) tesa al «taglio» delle ali populiste. Eccezion fatta per la Lega, però, che può contare su un numero cospicuo di collegi al Nord. Ma se Salvini andrebbe sul velluto, togliendosi anche il grosso problema di una concorrenza con il Cav, per gli azzurri c'è il rischio di venir risucchiati dalla propaganda virulenta della Lega, che diventerebbe alleato strategico e programmatico (ciò cui punta il Pd, per sfondare al centro). In più si acuirebbe una frattura tra i politici del Nord e del Sud (ieri si son viste le avvisaglie). La dinamica finirebbe anche per stritolare il più piccolo dei tre partiti della coalizione, FdI, la cui leader Meloni non a caso ieri definiva la proposta uno «schifo».
Fondamentale, sul versante opposto, invece il ruolo del centrista Alfano nella coalizione con il Pd. Cosa che spiega l'entusiasmo di Ap, premiata con una soglia di sbarramento rasoterra, al 3. Renzi butta la mela avvelenata pure sulla sinistra, affinché il moderato Pisapia abbia la meglio su Mdp, nato per lanciare la sfida al Pd. Difatti Bersani è tra i critici più feroci della nuova legge, che imporrebbe di legarsi mani e piedi in un'alleanza con lo stesso partito che li ha messi nelle condizioni di andar via.
Come funzionerebbe una legge del genere nessuno lo sa: essendo un Mattarellum ridotto e invertito nelle quote tra proporzionale e maggioritario (65 e 35%), non dà garanzie di governabilità. Si voterebbe in ogni collegio su una scheda unica (una per la Camera e una per il Senato), ma evidentemente con doppia croce da esprimere: una sul candidato del collegio, un'altra sul simbolo di uno dei partiti che lo appoggiano. Ciascuno dei quali presenterebbe una lista bloccata di candidati.
Anche per questo il movimento di Grillo già la taccia di «incostituzionalità» (è uno dei motivi per i quali la Consulta ha tagliato Porcellum e Italicum) e la ritiene - a ragione - «l'ennesima norma fatta per ostacolarci». Così M5s ha disertato persino l'incontro con Fiano. La partenza non sembra con il piede giusto.RooS
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