Bari - C'è un posto al mondo dove la realtà supera la fantasia. È un palazzone di via Capruzzi, affacciato sui binari della stazione di Bari. Lì, nei saloni che ospitano il parlamentino ed il governo pugliesi, si sta scrivendo la trama di un romanzo a metà tra l'assurdo ed il fantascientifico, roba che in confronto Franz Kafka e Stephen King sembrano scrittori da concorso letterario di sagra paesana. Il Consiglio regionale uscente pensa di tornare a riunirsi per modificare la legge elettorale e far spazio ai trombati di Emiliano e Fitto alle ultime Regionali.
In riva all'Adriatico il primo colpo di cannone l'ha sparato la Prefettura, stoppando la convalida del voto del 31 maggio per errori materiali insiti nelle norme elettorali targate Nichi Vendola. Uno spiraglio in cui s'è subito infilato uno dei bocciati dalle urne, Davide Bellomo, braccio destro del candidato presidente fittiano Francesco Schittulli. Secondo Bellomo, nel bollettino ufficiale sarebbe stato pubblicato un articolato diverso da quello approvato e mancante di un comma che dispone la ripartizione dei seggi in base alla popolazione residente. Una previsione che, se applicata, stravolgerebbe la fisionomia del Consiglio, a vantaggio della circoscrizione barese. E per uno scherzo del destino resterebbero fuori tre eletti Pd in rapporti poco idilliaci col governatore. Al loro posto, insieme a Bellomo, uomini e donne di osservanza emiliana. Come miss preferenze (già di centrodestra) Anita Maurodinoia. Come Onofrio Introna, presidente non rieletto del Consiglio uscente. Guarda caso, sarà proprio lui a decidere sul da farsi. Già convocato l'ufficio di presidenza: all'ordine del giorno l'ipotesi di tenere una seduta dell'assise ormai scaduta per accogliere i rilievi prefettizi e valutare le questioni aperte.
Effetti collaterali - in qualche caso generati in laboratorio - della scelta del governo D'Alema di mandare in soffitta il Tatarellum per affidare ad ogni Regione, in nome del federalismo, la facoltà di plasmare da sé la legislazione elettorale. Così di modelli oggi ce ne sono tanti, ma accomunati dai guai. Si cammina sul filo del rasoio in Calabria, dove il democrat Mario Oliverio in 7 mesi non è riuscito nemmeno a completare la squadra degli assessori: a breve la Corte Costituzionale si pronuncerà sulla legittimità della strana legge (voluta dal centrodestra con la compiacenza delle minoranze del tempo) che tiene fuori dall'Aula la leader dell'opposizione, la forzista Wanda Ferro. E se in Piemonte - per motivazioni differenti - il sipario potrebbe chiudersi anzitempo sull'esperienza del democratico Sergio Chiamparino, gravato dal peso delle presunte firme fasulle in calce ad una sua lista, in Campania la Severino fa ballare il premier Renzi per l'endorsement ad un Vincenzo De Luca predestinato alla sospensione per una condanna (in primo grado) per abuso d'ufficio. Non bastasse, adesso lampi di guerra rischiarano il fronte pugliese. Manco in Uganda, solitamente citato come emblema dei Paesi a democrazia zero, è mai accaduto di veder nascere una nuova assemblea legislativa da norme elettorali adottate dalla vecchia assemblea dopo il voto popolare. «Sarebbe un atto di pirateria politica», tuona da Forza Italia Francesco Paolo Sisto, presidente della commissione Affari costituzionali della Camera. Ma nella storia in cui la ragione non conta ed il senso non ha senso, i bucanieri non sarebbero di troppo. Sarebbero, semplicemente, a casa loro.
I voti ottenuti da Michele Emiliano in Puglia che gli hanno permesso di diventare governatore
È la percentuale ottenuta da Francesco Schittulli, il candidato appoggiato da Raffaele Fitto
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