Cronache

Il pugno duro di Pechino si abbatte su Hong Kong. La fine delle libertà civili

Il dissidente Wong, a rischio arresto, scioglie Demosisto: "Da città stato a Stato di polizia"

Il pugno duro di Pechino si abbatte su Hong Kong. La fine delle libertà civili

Segnatevi la data. Oggi, ventitre anni dopo la cessione alla Cina comunista della ex colonia britannica, finisce per Hong Kong l'era delle libertà civili, sia pure limitate e condizionate dall'intesa del 1997 tra Pechino e Londra nota con la formula «Un Paese, due sistemi». Con l'entrata in vigore della «legge sulla sicurezza» votata come sempre all'unanimità: lì le finzioni democratiche sono state abolite settant'anni fa dal Parlamento cinese, comincia l'epoca del terrore, quella in cui basterà accennare a idee sgradite all'onnipotente Partito per rischiare una condanna all'ergastolo. Con tanti saluti all'impegno preso da Pechino di rispettare fino al 2047 le libertà civili dei cittadini di Hong Kong.

A niente sono valse, com'era facile prevedere, le proteste e le minacce di sanzioni da parte di Stati Uniti, Gran Bretagna, Unione Europea e Nato. Con la firma apposta dal presidente Xi Jinping alla nuova legge, chiunque a Hong Kong verrà accusato di «sovversione, secessionismo, terrorismo e collusione con forze straniere» potrà essere giudicato da tribunali cinesi e messo in condizioni di non nuocere per tutta la vita. Chiunque volesse illudersi che si tratti, come ha affermato la governatrice filocinese di Hong Kong Carrie Lam, di misure destinate a colpire «solo piccole minoranze» lasciando intatto lo status quo farà bene a leggersi le seguenti righe del Global Times, uno dei giornali portavoce della linea del partito comunista cinese: «Nessuno speri che la legge sulla sicurezza nazionale sia qualcosa di simile al progetto di legge sull'estradizione dell'anno scorso, e che possa essere ritirata se verrà mobilitata abbastanza gente per le strade (). Saranno il potere e la volontà di 1,4 miliardi di cinesi ad assicurare che non rimanga un pezzo di carta». La minaccia è esplicita: anche se dovessero manifestare milioni di persone a Hong Kong, la Cina rossa si occuperà di loro.

Le forze di opposizione attive a Hong Kong hanno capito perfettamente che la festa è finita. Joshua Wong, il più famoso dei giovani attivisti che per un anno hanno portato in giro per il mondo la causa della libertà della loro città, ha giocato d'anticipo: comprendendo che il movimento pro democrazia Demosisto da lui stesso fondato verrà messo fuori legge, ne ha annunciato lo scioglimento insieme con altre figure di primo piano come Nathan Law e Agnes Chow. «È la fine dello Stato di diritto e l'inizio dello Stato di polizia ha detto il 23enne Wong - Comincia a Hong Kong il tempo del terrore, con persecuzioni arbitrarie, carceri oscure, processi segreti, confessioni estorte, censura politica e museruola ai media». Coraggiosamente, Wong annuncia che non diserterà: continuerà a difendere individualmente le sue posizioni, ben sapendo cosa lo attende: «Se presto la mia voce non potrà più essere udita ha scritto sulla sua pagina Facebook - spero che la comunità internazionale continuerà a parlare in difesa di Hong Kong e dei suoi ultimi brandelli di libertà».

Non sembra però probabile che i democratici di Hong Kong si arrendano senza combattere, anche se molti già pianificano la fuga all'estero. Sfidando i divieti ufficialmente ancora motivati dal dovere di rispettare le norme di sicurezza anti Covid gli attivisti del Civil Human Rights Front hanno annunciato che cercheranno comunque di tenere l'annuale marcia per la democrazia.

Essa sarà dedicata alla protesta contro la nuova legge liberticida, la stessa che uno sparuto gruppo filocinese ha festeggiato ieri brindando a champagne nel centralissimo Tamar Park.

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