Roma«La dico così: ho il sospetto che qualcuno voglia deindustrializzare l'Italia. O meglio, che la voglia commissariare». Paolo Buzzetti è il presidente dell'Ance, l'associazione che riunisce i costruttori edili. «Altrimenti - spiega - è difficile comprendere l'atteggiamento del governo».
Si riferisce al provvedimento «Sblocca Italia»?
«Certo».
E perché?
«Perché solo in questo modo è possibile comprendere le regole europee».
Ma cosa c'entra con lo «Sblocca Italia»?
«Serviva uno choc per rilanciare il Paese. Un vero e proprio Piano Marshall per l'edilizia, che è il primo motore della crescita. Invece cosa fa il governo? Vara un provvedimento, pieno di buone intenzioni, ma con soli 3,8 miliardi; che, per di più, erano soldi già stanziati. E tutto per rispettare il limite del 3% di deficit. Queste logiche ragionieristiche non ci porteranno da nessuna parte. Le regole europee porteranno alla fine dell'Europa».
Ma quelle regole ci sono. Non si può far finta di niente...
«È vero. Ma guardi cos'è successo in Gran Bretagna, Stati Uniti e Giappone. Rilanciando la manutenzione delle città hanno innescato la ripresa. E lo Sblocca Italia cosa fa? Stanzia appena 250 milioni per il recupero dell'edilizia scolastica e la manutenzione dei centri urbani. Ma le sembra logico?».
Insomma, è un problema di risorse?
«Certo. Ci aspettavamo e speravamo una iniezione di denaro più alta di quella che abbiamo trovato nel provvedimento. Servirebbero 100 miliardi in due anni. Invece, siamo qui a negoziare ogni anno le agevolazioni sulle ristrutturazioni edilizie. La Ragioneria generale dello Stato è da sempre contrario a misure di questo tipo. Nonostante poi le stesse garantiscono un aumento del gettito. Il Patto di Stabilità interno è bloccato, e nemmeno i Comuni virtuosi possono spendere; lo Stato destina pochi soldi al recupero del territorio; la tassazione sulla casa è a livelli record: è passata a garantire allo Stato dai 9 miliardi del 2011 ai 26 miliardi di oggi. In questo modo, si blocca il primo motore della crescita: l'edilizia, che si trascina dietro altri 80 settori industriali. E per queste ragioni che, secondo me, c'è un disegno di qualcuno che vuole l'Italia deindustrializzata, o commissariata».
Quindi, sostiene che il primo vincolo da abbattere è quello del limite del 3% del rapporto deficit/pil?
«Sono compiti che spettano alla politica, certo. Ma noi imprenditori vediamo quotidianamente quanto il Paese sia bloccato. Lo stesso presidente della Bce, Draghi, ha detto che è pronto ad intervenire. Ma quando lo fa? Possibile che nessuno si renda conto che serve uno choc? Mi ripeto: abbiamo bisogno di far ripartire il Paese. E la chiave dell'accensione è nell'edilizia. Possibile che non se ne rendano conto? E se per rifar partire il Paese bisogna superare il limite del 3%, lo si superi: è un tetto privo di efficacia per la crescita. Cito un esempio: avevamo chiesto un intervento sul modello francese che prevedesse uno sconto fiscale per chi acquista case e le destina all'affitto. La misura c'è. Ma ci hanno bocciato la richiesta di stanziare 300mila euro per finanziare questi sconti».
E chi è stato a bocciare la vostra proposta?
«Sempre gli stessi che si oppongono al bonus fiscale sulle ristrutturazioni. E che si trincerano dietro il rispetto dei vincoli europei».
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