Coronavirus

Quante task force per non decidere

Nella lunga traversata verso l'uscita dal ciclone Covid-19, il vascello Italia ha finora dato l'impressione di procedere a vista

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Quando il mare è in tempesta e le onde superano il livello di guardia il comandante in plancia ha il dovere di studiare le carte per tracciare la rotta che conduca la nave in sicurezza, mettendo in relazione l'esperienza con le variabili indicate dagli strumenti a disposizione. Nella lunga traversata verso l'uscita dal ciclone Covid-19, il vascello Italia ha finora dato l'impressione di procedere a vista, avendo ben pochi punti di riferimento certi, e mostrando un'ansia di cambiare continuamente la strumentazione di bordo. Fuor di metafora, dopo oltre un mese di quarantena coatta, la politica è stata più volte accusata di subalternità nei confronti dei cosiddetti tecnici. Non tanto e non solo nell'emergenza sanitaria, laddove tenere conto del parere degli scienziati è ovvio e indispensabile, quanto piuttosto sul versante economico e sociale. Qui si è materializzata una chiara tendenza all'outsourcing delle decisioni. Ad esternalizzare, se preferite, la responsabilità di disegnare la ripartenza.

In principio fu la «task force liquidità», poi, in meno di una settimana, il governo ne ha istituite altre due. Una, composta da otto esperti nominati dal sottosegretario all'Editoria Martella, ha il compito di monitorare e identificare le fake news intorno al Coronavirus diffuse da mezzi di informazione e social media. L'ultima (?), annunciata venerdì sera a reti unificate dal premier Conte, è un comitato di 17 saggi guidati dal supermanager Vittorio Colao. Una squadra di specialisti a cui è stato conferito il potere di elaborare modelli e tempistiche per mettere in atto la tanto agognata Fase 2, in vista della prossima (decisiva) scadenza del 3 maggio. Organismi eccezionali a cui si affianca anche il Comitato tecnico-scientifico in seno alla Protezione civile, il cui ruolo è stato cruciale sin dal manifestarsi del paziente 1. Attenzione, non è una questione di merito, in entrambi i casi sono stati coinvolti profili di alto rilievo del mondo accademico e professionale. Semmai, il punto critico è all'estremo opposto. Il ricorso massiccio alle competenze al di fuori del Palazzo - sì, proprio quelle competenze messe alla berlina fino a ieri - mette la classe politica spalle al muro e ciò rischia di trasformarsi in un ulteriore assist ai profeti dell'anti-politica. Perché non bastano mai 950 parlamentari, 65 membri dell'esecutivo e una dozzina di authority indipendenti. Nel Paese che spinge le sue menti migliori fuori dai confini nazionali e persino lontano dal perimetro della rappresentanza popolare, c'è sempre il disperato bisogno di task force, comitati e commissari «straordinari». Specie se nell'ordinario si disconosce sempre più spesso il valore della competenza.

E ancor più di rado, in quella plancia di comando, ogni sapere è collocato nella casella giusta.

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