Il day after in via «8 Ottobre 2001» (proprio la strada che ricorda la data della tragedia aerea di Linate dove persero la vita 118 persone) ha l'odore respingente del materiale bruciato. Oggetti anneriti sull'asfalto.
Esci dalla stazione del metrò «San Donato», il monumento alla tragedia è lì.
L'edificio sul quale l'altro ieri, poco dopo le 13, si è schiantato il «Pilatus» guidato dal magnate rumeno Dan Petrescu sembra una scultura carbonizzata del francese Bernard Aubertin, «l'artista del fuoco». Attorno al padiglione della tragedia il fumo si è diradato. Resta invece la cappa dei brutti ricordi: otto morti, due famiglie distrutte nel crollo di un aereo da turismo.
Le fiamme sono state spente, ma gli scheletri anneriti delle sette automobili parcheggiate davanti al capannone restano lì a dimostrare come, 48 ore fa, su questo fazzoletto di strada - disteso tra via Marignano e via Impastato -, sia andato in scena l'inferno. La palazzina cubica su cui si è abbattuto in picchiata il piper in avaria era vuota perché in ristrutturazione. Gremita era invece la vicinissima metrò della «linea Tre» milanese che nella sua diramazione «gialla» ha proprio nella fermata di San Donato il suo capolinea.
Se domenica pomeriggio il velivolo fosse finito nell'area della stazione, sarebbe stata un'ecatombe; stesso discorso se avesse centrato uno dei depositi di idrocarburi dell'Eni dislocati nella zona. Senza contare che, a meno di centro metri in linea d'aria dal punto della tragedia, c'è un alveare residenziale di finestre e balconi.
Da dietro quei vetri due giorni fa centina di testimoni hanno sentito un sibilo strano, si sono affacciati e hanno visto un enorme uccello metallico volare a capofitto verso terra, con corpo e ali in posizione innaturale; poi il boato e il bagliore
dell'esplosione che inonda l'anima di orrore. I numeri di emergenza vengo presi d'assalto. Tutto inutile. Ormai il male è già compito. Milano avrà un'altra strada per ricordare una data funesta: «3 ottobre 2021».Sperando sia l'ultima.
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