Quelle fake news sul fascismo della sinistra in cerca di nemici

Roma Sembra essere il tema portante della campagna elettorale in corso. A due settimane dal voto su tv, giornali, social network non si parla d'altro: rigurgiti neri e ritorni di fiamma del fascismo. Un problema reale o una fake news? Un «pericolo fascista» c'è. Ma non si materializza solo nei cortei sguarniti di partitucoli di estrema destra che cercano visibilità facendo sponda alla cronaca. Semmai nel fatto che questi la trovino, la visibilità, perché ci pensano gli antagonisti a spedire poliziotti in ospedale, far casino in piazza per togliere «agibilità politica» ai fascisti, portando così la notizia - e lo spauracchio del «pericolo nero» - dritto sui giornali.

È un pericolo fascista, però, pure la contrazione della democrazia, concepita a geometria variabile - invece che difesa e tenuta lì come baluardo della libertà e delle regole comuni e condivise - proprio da chi fa dell'antifascismo la propria bandiera. E così in questa strana campagna elettorale sembra di essere tornati agli anni '70, al cupo clima degli anni di piombo, per il combinato disposto della chiamata alle urne e di questa alzata di scudi contro i rigurgiti neri.

Eppure i «fascisti» che si presentano alle elezioni stanno rispettando le regole del gioco democratico, come è ovvio che facciano tutti gli attori in campo. Questo però non basta a chi gioca a vestire i panni da guardiano della democrazia, armandosi paradossalmente di intolleranza verso chi la pensa diversamente. Funziona così sotto le insegne di certi partiti e sulle pagine di molti quotidiani. Funziona così, e finisce che episodi di cronaca come quelli che hanno funestato la tranquilla vita di provincia di una cittadina come Macerata finiscano per essere trasformati di peso in propaganda elettorale. A destra, certo, con l'equazione migranti=criminali, come se ogni nigeriano fosse solito fare a pezzi innocenti ragazze. Ma anche a sinistra, dove la reazione al gesto del pistolero ammantato nel tricolore è ancora più automatica: terrorismo neofascista.

Traini dunque non è un «folle» ma un violento mosso da un movente politico. E il corteo antifascista e antirazzista è l'unica risposta all'unica emergenza, come se l'Italia fosse piena di teste rasate pronte ad aprire il fuoco. Cosa che, stando ai numeri, ai fatti, alla cronaca, semplicemente non è. Però la tentazione di considerare quella sparatoria contro i migranti la cartina di tornasole di una «tendenza» è troppo forte per resistere. E in fondo nel minestrone spacciato per rigurgito nero, negli ultimi anni, c'è finito un po' di tutto. Pure il gestore dello stabilimento balneare di Punta Canna, a Chioggia, che inneggiava al Ventennio. Con buona pace della procura che aveva chiesto e ottenuto l'archiviazione delle accuse di apologia del fascismo in quanto il «decoro nostalgico» del lido rientrava, per le toghe, nella «libertà di pensiero garantita dalla costituzione». Garantita dalla Costituzione, ma non dal variegato fronte politico-mediatico che ha deciso che quello è il nemico da combattere, tra un pezzo di Saviano che spiega al Guardian che il pistolero è un terrorista fascista e la protesta di una decina di militanti di Fn sotto la sede di Rep che diventa un «blitz fascista».

A che serve questa campagna? Forse a smontare proprio l'altro tema caldo della campagna elettorale, quello dell'immigrazione. Che tra populismo e accoglienza, finisce di fatto strumentalizzato dalle forze politiche pure quello, con buona pace delle ansie e delle paure - percepite o reali - dei cittadini, che restano senza risposte.