"Raggi a giudizio per falso". Lei esulta. E M5s la assolve

La procura vuole archiviare l'abuso d'ufficio. Il post su Facebook: «Per i pm ho rispettato la legge, chiarirò»

"Raggi a giudizio per falso". Lei esulta. E M5s la assolve

Anche se dalle reazioni dei grillini non si direbbe, la Procura di Roma ieri ha chiesto il rinvio a giudizio della sindaca Virginia Raggi, che adesso rischia di essere processata per falso in relazione alla nomina (poi revocata) a responsabile del Turismo di Renato Marra, il fratello del suo ex braccio destro, Raffaele, per il quale è stato invece sollecitato il processo per abuso d'ufficio.

Non proprio un reato da niente quello di falso, seppur alleggerito dall'aggravante, per chi amministra la capitale d'Italia. Piuttosto trascurabile invece per i Cinque stelle, più che altro concentrati ad esultare per l'archiviazione dell'altra accusa contestata alla prima cittadina, l'abuso d'ufficio per la promozione del suo ex capo della segreteria politica, Salvatore Romeo, con relativa triplicazione dello stipendio. Curioso epilogo per un Movimento che non voleva indagati tra i suoi candidati, quello di una sindaca che si auto-assolve nel giorno in cui la Procura chiede il suo rinvio a giudizio e che addirittura pretende le scuse dei giornalisti che hanno seguito l'inchiesta che la vedeva effettivamente indagata anche per abuso d'ufficio. Il tutto condito dalla «soddisfazione» espressa da Grillo e Casaleggio per le richieste dei magistrati. «Secondo i pm ho rispettato la legge», esulta la Raggi su Facebook appena le agenzie danno la notizia, senza badare al fatto che la Procura ha chiesto l'archiviazione per il cosiddetto «difetto dell'elemento soggettivo». In teoria, la sindaca non avrebbe potuto procedere alla nomina di Romeo così come ha fatto, ma poiché in Campidoglio altri prima di lei hanno adottato prassi molto simili in diverse occasioni, è come se certi precedenti avessero implicitamente autorizzato tali procedure. Ma non tutte le violazioni di legge diventano abusi, si fa notare a piazzale Clodio, lo diventano quando si ha la consapevolezza di arrecare danno. Così, come era già accaduto con l'archiviazione dell'indagine sulla nomina di Carla Raineri, sempre a carico della sindaca, la Procura ha preferito non arrivare in aula con un'accusa di abuso d'ufficio che sarebbe stata difficile da dimostrare. Studiando determinazioni e provvedimenti comunali, in pratica, il procuratore aggiunto Paolo Ieolo ha trovato una gran confusione al Comune di Roma, tanto da indicare nel provvedimento con cui chiede l'archiviazione per la nomina di Romeo quale sarebbe stata piuttosto la procedura corretta da seguire.

La Raggi derubrica la sua richiesta di rinvio a giudizio a notizia di secondo ordine: «Sono convinta che presto sarà fatta chiarezza anche sull'accusa di falso ideologico», si limita a postare. Tutto qui. Il resto è per «i media che l'hanno fatta passare per una criminale» e per le opposizioni «che hanno cavalcato l'accusa infamante nel tentativo di screditarla insieme al Movimento». Il falso che le viene contestato è relativo alle dichiarazioni rese all'Anticorruzione del Comune, quando assicurò di avere fatto tutto da sola nel designare Renato Marra alla Direzione Turismo del Campidoglio, negando che il fratello, all'epoca capo del personale, avesse avuto un ruolo nella nomina. Le chat tra la Raggi e Marra, finite agli atti, l'hanno smentita. Nelle conversazioni con il suo braccio destro, nel frattempo anche arrestato per una vicenda di corruzione e tutt'ora sotto processo, il ruolo di Raffaele Marra nella nomina del fratello appare tutt'altro che «di mera pedissequa esecuzione delle determinazioni da me assunte», come aveva dichiarato all'Anac.

«Raffaele, questa cosa dello stipendio mi mette in difficoltà, me lo dovevi dire», scriveva la sindaca in chat accusando Marra di avergli nascosto che con la promozione il fratello avrebbe guadagnato di più.

La Procura ha chiesto anche l'archiviazione dell'abuso d'ufficio contestato agli ex sindaci Ignazio Marino e Gianni Alemanno in merito ad alcune nomine da loro effettuate quando erano in Campidoglio.

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