Renzi alza la voce con Bruxelles. E sfida la Merkel su Deutsche Bank

Renzi in parlamento per parlare del consiglio Ue. Prima difende l'euro e l'Unione, poi picchia duro su immigrazione e flessibilità. Ma nasconde le colpe dell'Italia e le sue debolezze

Renzi alza la voce con Bruxelles. E sfida la Merkel su Deutsche Bank

"Sul tavolo del consiglio Ue di domani ci sono vari dossier, dal referendum inglese all'immigrazione. Ma il fil rouge è uno: se nei prossimi anni l'Europa torna ad essere comunità o sarà solo un contratto". Intervenendo al Senato in vista del consiglio Ue, un Matteo Renzi sempre più isolato e indebolito sia sul fronte interno sia su quello esterno prova ad alzare la voce con i burocrati di Bruxelles per distogliere l'attenzione da tutti i problemi che si ritrova a Palazzo Chigi. "Noi pensiamo come Italia che l'Ue sia una comunità e non possa che essere una comunità che condivide valori e i valori non sono parametri".

Davanti ai senatori Renzi fa l'europeista convinto. Prima si dice pronto a esporsi in prima persona perché l'Albania e la Serbia possano entrare nell'Unione europea. Poi invita i leader politici che siedono a Bruxelles a fare tutti gli sforzi necessari per trattenere il Regno Unito. "Lo dico nell'interesse degli inglesi perchè una eventuale uscita innanzitutto sarebbe un danno drammatico per loro - tuona il premier - ma è anche interesse di tutti gli europei perché se uno dei grandi Paesi del G7 decide di fare a meno dell'Ue il messaggio va oltre la riduzione da 28 a 27, sarebbe un segnale di controtendenza di portata storica". Infine difende, senza se e senza ma, la moneta unica. "Ogni elemento di incertezza costituisce una debolezza per l'Unione - spiega - spero si trovi un buon compromesso per non ridimensionare il ruolo dell'euro". Sull'immigrazione e sulla flessibiltà, invece, alza la voce, pur sapendo che le politiche boniste dell'Italia e i danni di Angela Merkel hanno esasperato un'emergenza già ai limiti della sostenibilità. In parlamento fa, infatti, di tutto per nascondere le colpe dell'Italia e le sue debolezze.

"Chi non ha diritto all'accoglienza va rimandato a casa, lo diciamo dal primo giorno. Ma se i rimpatri li fa l'Ue è un film, se li fanno i singoli stati un altro film - incalza Renzi - tra i Paesi europei l'Italia è quello che ha fatto più rimpatri eppure è opinione condivisa che non siano sufficienti". E chiede agli altri leader Ue di sottoscrivere un diritto unico di asilo perché "non è possibile avere regole separate". Il discorso del premier, in realtà è improntato solo sugli slogan. Come al solito. Se da una parte assicura che l'Italia non rinuncerà alle politiche di accoglienza, perché si richiamano ai "valori della nostra civiltà", dall'altra condanna "i richiedenti asilo che passano le giornate senza fare niente". "È evidente che cresce nell'opinione pubblica un sentimento di disaffezione e non va giudicato con il canone del moralismo - continua - è il grido di dolore di chi non capisce". La disaffezione, però è stata creata in primis dal buonismo di Renzi, in secondo luogo dalle politiche scriteriate di Angelino Alfano. Le nostre frontiere sono un colabrodo, la Marina Militare fa da taxi alle migliaia di disperati che affrontano il Mediterraneo e gli immigrati sanno che possono scorrazzare lungo Stivale anche senza il permesso di soggiorno.

L'altro tema caro a Renzi è sicuramente la flessibilità che il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan va elimosinando da tempo. "Il decimale in più ce la possiamo prendere senza - mette in chiaro - abbiamo il deficit più basso negli ultimi dieci anni, siamo terzi dopo Germania e Olanda per contenimento del debito". E lancia la sfida: "Spagna e Regno Unito hanno fatto un abbassamento di tasse totalmente finanziato in deficit. Se dobbiamo prenderci spazi economici pensate che sia questa la strada?".

Ricordando che a Bruxelles è stata fatta una discussione con una mozione di sfiducia su alcune banche toscane, mentre ora spunta un problema "enorme che riguarda la prima banca tedesca", Renzi si dice pronto a mettere il veto "su qualsiasi tentativo di imporre un tetto alla presenza di titoli di stato nel portafoglio delle banche".

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