La Buona scuola renziana è alla svolta decisiva: ieri e ancora oggi si limerà e si medierà, innanzitutto dentro il riottoso gruppo Pd di Palazzo Madama, ma già domani il maxi emendamento dovrebbe essere pronto, nel qual caso giovedì - nonostante le perplessità del presidente del Senato Pietro Grasso, che vorrebbe un'intesa con tutte le opposizioni per evitarla - si voterà la fiducia. Con un secondo passaggio, altrettanto rapido, a Montecitorio la riforma dovrebbe vedere finalmente la luce, e le procedure per l'assunzione dei famosi centomila precari potranno essere avviate.
A quanto pare, quindi, la forzatura del premier - che la settimana scorsa ha minacciato di accantonare la riforma (e le assunzioni) fino a dopo l'estate, di fronte all'ostruzionismo strenuo delle opposizioni ma anche della sinistra Pd e dei sindacati - ha funzionato, sbloccando la trattativa.
Prima di volare al vertice europeo sulla Grecia, ieri Matteo Renzi è stato chiaro: o si approva di gran carriera la riforma della scuola, oppure non sarà tecnicamente possibile procedere all'assunzione dei 100mila precari. Con la riforma del governo, ha spiegato «è il modello di scuola che cambia, cambia tutto il sistema, con l'introduzione dell'organico funzionale e quindi con la possibilità di avere più professori. Se rimane il sistema di oggi non si possono assumere i 100mila professori, perché non si possono inserire nel vecchio sistema: cosa gli fai fare?». Dunque, la scelta è tra i 100mila e gli appena 22mila che si potrebbero assumere «con il normale turn over», in assenza delle nuove regole. Oggi tornerà a riunirsi la Commissione del Senato, dove le opposizioni mantengono le loro valanghe di emendamenti, ma già ieri il lavoro di preparazione del testo di maggioranza da mandare al voto di fiducia era a buon punto: «Dobbiamo tenere insieme tre esigenze», spiega uno dei “tessitori” dem, «chiudere la mediazione dentro il Pd, concedendo qualcosa alle richieste di modifica spesso tutte ideologiche della minoranza; mandare alla Camera un testo non troppo modificato per evitare che si riapra il balletto lì e naturalmente mantenere i punti fermi del governo». Un lavoraccio, ma ieri si manifestava «ottimismo». Anche se, spiegava la stessa fonte, «c'è ancora da capire se la sinistra Pd sta usando questa riforma del tutto strumentalmente, e al momento della fiducia si tira indietro: c'è un gioco al tiro della corda talmente forsennato da poter diventare suicida». In verità però, a sentire le parole dell'ex capogruppo bersaniano Speranza, il grosso della minoranza è pronto a votare la fiducia: «La riforma di Renzi va modificata», ma «se le opposizioni confermano cosi tanti emendamenti saranno loro ad imporre la fiducia». Niente barricate, insomma: l'unico che da tempo annuncia di voler rompere sulla scuola è il solito Stefano Fassina, che potrebbe cogliere l'occasione - dopo tanti avanti e indietro - per uscire dal Pd e tornare a far coppia con Civati.
L'altro capitolo su cui Renzi vuole accelerare è quello delle unioni civili, su cui oggi torna al lavoro la commissione Giustizia del Senato. La maggioranza è divisa, con buona parte di Ncd sulle barricate che promette «opposizione in Aula» per farsi portavoce delle istanze della piazza anti-gay di sabato scorso a Roma.
Ma la relatrice Pd Monica Cirinnà è ottimista: «I numeri li abbiamo, perché Cinque stelle e Sel sono favorevoli. E anche Ncd, che darà battaglia, dice che questo non comporterà ripercussioni sull'esecutivo: la materia è fuori dal patto di governo».
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