Resa dei conti Renzi-Calenda sul salvataggio di Alitalia

L'ex premier invoca il modello Meridiana e avverte il governo: c'è ancora spazio. Il ministro: «Valuteremo»

Resa dei conti Renzi-Calenda sul salvataggio di Alitalia

Mentre la situazione di Alitalia è ancora ben lungi dal vedere una soluzione che eviti la conclusione dell'amministrazione straordinaria con la liquidazione, la politica è alle prese con inspiegabili diatribe. Come quella tra il ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda, e l'ex premier (e probabile segretario del Pd) Matteo Renzi. Quest'ultimo, sebbene privatamente, ha di fatto incolpato Calenda e il titolare del Tesoro Padoan di aver fatto precipitare la situazione senza predisporre un'alternativa (elettoralmente spendibile, s'intende). Ecco perché Renzi ha più volte dichiarato che, una volta confermato nella leadership piddina, formulerà una proposta al governo entro il 15 maggio. Per il futuro di Alitalia «c'è spazio» per soluzioni «senza spezzatini e senza cessioni affrettate», ha ribadito ieri sera al Tg5.

«Abbiamo bisogno di ogni contributo di idee», ha dichiarato ieri Calenda aggiungendo che «la situazione è oggettivamente complessa: quindi è benvenuta la proposta di Renzi e poi la valuteremo». Il malessere del ministro è ogni giorno più evidente in quanto bersaglio degli strali dell'ex premier nonostante si sia attivato con Bruxelles per un rapido via libera al prestito ponte da 400 milioni che consentirà ad Alitalia di non mettere a terra gli aerei nei prossimi mesi (si spera almeno sei). «L'unica cosa da fare è un lavoro serio per un'azienda importante con tanti lavoratori e un ruolo sociale e di connettività del paese», ha concluso l'ex manager Ferrari sottolineando che «tutte le altre questioni sono fuori e non esistono».

Secondo alcune indiscrezioni, Renzi avrebbe in mente una sorta di «piano Meridiana». Il vettore sardo, un tempo proprietà dell'Aga Khan, tra breve diventerà proprietà di Qatar Airways. In quel caso la mediazione governativa del 2016 portò a una riduzione degli esuberi previsti dall'acquirente asiatico e a una diminuzione dei tagli stipendiali per il personale. Ora l'ex premier vorrebbe riutilizzare lo stesso metodo. Con una differenza: coinvolgere inizialmente investitori italiani, ottenere l'assenso dei sindacati e poi lasciare che la compagnia trovi il proprio alleato.

Una prospettiva meno drastica, dunque, e probabilmente foriera di maggiori consensi in vista delle elezioni visto che la campagna elettorale inizierà in concomitanza con la fine prevista della procedura di amministrazione straordinaria. La novità è rappresentata dall'atteggiamento meno ostile del sindacato. «Certo che c'è un futuro per Alitalia, se si cominciano a fare le scelte giuste, se si decide di dargli una strategia, se si decide che il tema è il medio e lungo raggio, è la riqualificazione delle modalità di accesso e di partenza del nostro Paese», ha dichiarato ieri il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. Da segnalare l'autodafé della leader Cisl, Annamaria Furlan. «Sottoporre l'accordo al referendum tra i dipendenti, snaturando il nostro ruolo, forse è stato un errore», ha detto auspicando la messa a punto di una strategia industriale.

Il problema, tuttavia, è proprio la gestione di questa fase di interregno. L'ad di Fs, Renato Mazzoncini, ha escluso un coinvolgimento nella vicenda perché l'azienda «è impegnata in un gigantesco piano industriale» che prevede l'integrazione con Anas. Una presa di posizione rafforzata proprio dal «non interventismo» dell'azionista Tesoro e che ha irritato il presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia (Pd).

«Trenitalia non può dire no perché è lo Stato e Calenda e Padoan chiedono al Parlamento l'autorizzazione ad usare soldi pubblici per Alitalia poi è giusto che il Parlamento, e quindi gli italiani decidano anche cosa fare», ha affermato.

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