L'Arabia Saudita ha nominato, per la prima volta, una ambasciatrice donna negli Stati Uniti. La principessa Rima Bint Bandar sostituirà in questa funzione a Washington il principe Khaled ben Salman, fratello del principe ereditario Mohammed bin Salman, nominato nel frattempo viceministro della Difesa. Sarà la prima donna a ricoprire questo ruolo chiave nella diplomazia saudita, nel tentativo della monarchia wahabita di rifarsi un'immagine, gravemente compromessa dal caso Khashoggi, il giornalista saudita strangolato in Turchia il 2 ottobre 2018, nel consolato saudita di Istanbul, un omicidio che ha causato ricadute negative sulle relazioni dei due Paesi.
La Principessa Rima è la figlia del principe Bander bin Sultan che era stato ambasciatore saudita negli Stati Uniti dal 1983 al 2005. È arrivata 16esima nella lista della rivista Forbes Middle East delle 200 donne arabe più potenti. Ha lavorato come consulente presso l'ufficio del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman e come sottosegretario alla pianificazione e allo sviluppo presso l'Autorità generale dello sport del paese. La principessa è anche presidente della Federazione saudita per gli sport della comunità. Secono la Spa, l'agenzia ufficiale del regime saudita, al Ministero della Pubblica Istruzione si è impegnata per stabilire l'educazione sportiva per le ragazze nelle scuole e la partecipazione delle donne a molte competizioni sportive.
La notizia è stata annunciata in una settimana importante per le relazioni degli Stati Uniti in Medio Oriente. È cominciato proprio ieri il viaggio di sette giorni di Jared Kushner in Medio Oriente. Il genero-consigliere di Donald Trump, marito della figlia Ivanka, farà tappa anche in Arabia Saudita, dove vedrà il principe ereditario Mohammed bin Salman nel loro primo incontro dopo l'omicidio Khashoggi, di cui la Cia sospetta che il mandante sia Bin Salman.
Nei giorni scorsi sono emerse rivelazioni sugli ultimi lavori di Khashoggi.
Il giornalista - ha riferito il sito d'informzione Middle east eye - era impegnato nella promozione di un percorso di «riconciliazione tra le società civili iraniane e saudite», che fosse in grado di «contrastare i rischi di un conflitto tra i due paesi attraverso voci moderate e ragionevoli».
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