Rispunta il Russiagate a tormentare Donald Trump. Mentre la battaglia di Usa 2020 è entrata nel vivo, il rapporto bipartisan della commissione intelligence del Senato, dopo tre anni di indagini sulle interferenze di Mosca nella campagna elettorale del 2016, ha confermato i contatti tra lo staff dell'allora candidato repubblicano alla Casa Bianca e il governo russo. Il quale ha intrapreso un'estesa campagna per cercare di sabotare le elezioni e aiutare il tycoon a diventare presidente.
Il dossier ha rilevato che alcuni consiglieri di The Donald furono aperti all'aiuto di Mosca, ma non ha concluso che la campagna del tycoon fosse impegnata in una cospirazione coordinata con il governo russo. Proprio come l'indagine condotta dal procuratore speciale del Russiagate Robert Mueller - terminata l'anno scorso e che Trump ha sempre bollato come caccia alle streghe. «Dopo più di tre anni di indagini possiamo dire senza dubbio che non c'è stata collusione», ha spiegato il rapporto. Il quale ha però mostrato ampie prove dei contatti tra i collaboratori di Trump e persone legate al Cremlino, compreso l'allora capo della campagna Paul Manafort (che ora sta scontando una pena di sette anni e mezzo di carcere) e Konstantin Kilimnik, identificato come un «agente dell'intelligence russa». Soggetto che Mueller, invece, aveva solo indicato come una persona in contatto con gli 007 russi. Dalle indagini del Senato è emerso pure che la campagna di Trump suggerì al suo consigliere informale e vecchio amico, Roger Stone, di ottenere informazioni sul materiale compromettente di WikiLeaks su Hillary Clinton e il partito democratico.
Il risultato dell'inchiesta - di circa mille pagine e basata sulle interviste a oltre 200 testimoni - è stato chiaramente letto in maniera opposta dai due partiti. Il vice presidente della commissione (democratico) Mark Warner ha parlato di prove di un «livello sconvolgente di contatti tra lo staff di Trump e agenti del governo russo, che è una vera minaccia per le nostre elezioni». Mentre il senatore repubblicano Marco Rubio, presidente del comitato, ha affermato che «nessuna indagine è stata più esaustiva di questa» e «non ha trovato alcuna collusione». I membri del Grand Old Party hanno puntato ancora una volta il dito contro il modo in cui l'Fbi ha aperto il Russiagate.
Il rapporto, infatti, parla di «azioni preoccupanti da parte del Bureau, in particolare la loro disponibilità a fare affidamento sul Dossier Steele» il faldone anti-Trump dal nome dell'ex agente segreto britannico che lo realizzò per i suoi avversari elettorali. E a cui l'Fbi ha dato «una fiducia ingiustificata».
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